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“Sai, perché, innammorato son, ho visto Maradona, ho visto Maradona”, sì ma a Shangai

Ci sono momenti nella vita che devi prendere decisioni. Gli americani li chiamano le sliding doors, le porte scorrevoli, scegli di imboccarne una non sapendo che futuro avresti avuto imboccando l’altra. La mia ennesima sliding door l’ho avuta stamattina. Oggi, 17 gennaio 2012. Mia figlia Anna Chiara Tenzin, la luce dei miei occhi compie cinque anni.  A dire il vero abbiamo già spento le candeline sabato quando c’erano anche i nonni arrivati da Napoli. Stasera avremmo rifatto. Alle 11 mi arriva una telefonata, era Edwin, mio caro amico e responsabile in Cina di un grosso gruppo automobilistico. “Nello, vuoi venire oggi con me? Incontro Maradona”. Dopo essermi assicurato che non mi pigliasse in giro, dovevo scegliere: Diego o il compleanno della bambina? Io l’idea ce l’avevo già. Ma dovevo confrontarmi. Si dice che dietro ogni grande uomo ci sia una grande donna. Io non sono grande ma grosso, mia moglie sicuramente è grande. Non se l’è fatto dire due volte: “vai, non ti preoccupare”. E cos’ è cominciata la vestizione: cravatta azzurra, gagliardetto del Napoli, macchina fotografica. Per non farmi mancare niente, sono andato lì con il Console italiano a Shanghai, socio onorario del Club Napoli Cina “Azzurro Impero” (da oggi “Diego Armando Maradona”). Arrivati al Peninsula, albergo cinque stelle di Shanghai, siamo andati in terrazza: bella, bellissima, con vista sul Bund, il lungo fiume di Shanghai e i grattacieli di Pudong. In mezzo avevano montato un microcampetto con le tribune dove erano assiepati decine di giornalisti cinesi. Freddo boia, di quelli che ti ammazza. Offrono sciarpe e danno bustine che sfregando si riscaldano, per le mani. Altra diavoleria (forse cancerogena?). “No, non verrà”, penso, fa troppo freddo. Ed invece, di li a poco, in tuta nera con il marchio della società svizzera di orologi che lo ha invitato (la Hublot, che ha realizzato un orologio a tiratura limitata, bellissimo perchè con la ghiera azzurra) è apparso lui in carne ed ossa. Non mi sono trattenuto e ho cominciato a cantare “O mamma, mamma, mamma, sai perchè mi batte il corazon, ho visto Maradona”, e poi “Diego, Diego”. I cinesi guardavano e inquadravano me e non lui. Diego si gira, mi saluta, pollice in alto. Freddo cane, lui ammalato eppure non si risparmia: gioca con i bambini cinesi (improbabili…), sfotte il traduttore, calcia verso una serie di obiettivi centrandoli, ovviamente, e permettendo alla Hublot di regalare ai bambini poveri oltre 100.000 euro. E’ un mito. Prima della conferenza stampa riceve me e gli altri due amici in una stanza. Mi inginocchio, gli porgo il gagliardetto e gli bacio il piede sinistro. A questo punto posso anche morire. Comincia la conferenza. I cinesi, come al solito, fanno domande stupide, su Messi, su Pelè Vorrei andare li a prenderli a schiaffi ad uno ad uno. Ma lui no, lui risponde a tutti e scherza. Su una cosa è serio: “nel mio cuore c’è l’Argentina e il Napoli”. Mi sciolgo, solo il colosso che gli fa da guardia del corpo e il fatto che, alla fine, anch’io li ero per lavoro mi trattengono dal denudarmi, correre con la maglietta del Napoli e cantare a squarciagola tutte le canzoni su Diego e Napoli. Ma non è finita. Sono invitato a cena e sono al tavolo vip (noblesse oblige). Mi sento come Gianni Minà, perchè posso dire: “Eravamo a cena seduto allo stesso tavolo Edwin, sua moglie, Luc (il figlio del proprietario della Hublot, ndr), Diego, la sua compagna, la pr e io”. Così, come vecchi amici. E giù a parlare di calcio, di Napoli, del Napoli, della sua voglia di tornare, di abbracciare il suo pubblico, degli interventi necessari in difesa per acquistare giocatori con esperienze nelle coppe per essere una grande squadra. Come dargli torto? Il bodyguard deve faticare non poco per fermare i cinesi che vengono a fare foto e chiedere autografi. Lui è stanco, dolorante, ma non si risparmia. Fa il giro di tutti i tavoli, brinda con tutti, stringe mani e si fa fare foto. Un cinese vuole comprare il suo orologio per oltre 200.000 euro,ma non si può fare. Mi lascia una dedica per i tifosi del Napoli, parliamo un altro po’, una foto e se ne va a riposare. Torno a casa, mi aspetta moglie con Anna Chiara. La piccola mi ha aspettato sveglia fino alle 23, non ci siamo visti tutto il giorno. La mamma le ha detto che papà era al lavoro e incontrava una persona importante. Lei era un po’ arrabbiata, ma quando le ho detto che era più importante di Cavani (l’unico che conosce bene), si è illuminata e ha urlato con me “Diego, Diego”. So soddisfazioni.
Nello Del Gatto

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