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Qui Monaco, siamo in ottomila. Come ci riconosci? Siamo quelli che hanno freddo

Eccoci, ci siamo, comincia il giorno più lungo. Lunedì c’erano, eccome, in Marienplatz. Soltanto che erano come mimetizzati. Nelle birrerie i coretti erano soffusi, quasi a voler rispettare l’ordinata confusione di Monaco di Baviera. Nelle birrerie tutto tende a farti socializzare. Non solo l’alcol. Scorre a fiumi, è vero, ma è talmente leggero che al massimo ti fa andare in bagno per qualche pipì in più.
Appena entri in un locale del genere queste matrone dall’età indefinibile vicine alla pensione con il seno ben in evidenza, ti invitano a sederti su tavoli da 8-10 persone, così conosci, e parli. E di cosa se non di cibo e calcio? Per il primo ti salvano i gesti e i menù in italiano e in inglese. Per il secondo soltanto i sorrisi ed un po’ di teatro che i napoletani sanno fare. Di fronte a me potrebbe chiamarsi Franz, Michael o Ludwig, certo non Gennaro visto i grandi baffi, l’altezza notevole e la faccia da tedesco. “Il Napoli non lo vedo proprio” e mi fa con il pollice verso. E io “E lo vedrai”. Grandi risate e la scommessa di una birra. “Scusa Franz, ma la semifinale di vent’anni fa la ricordi?”. “Si ma è tanto tempo fa”. “A me basta che la ricordi”. E giù altra risata.
Con il passare delle ore Monaco è Fuorigrotta. Su le sciarpe, in alto i cuori. Ma chi sono i napoletani: “Sono quelli che sentono freddo, hanno le mani in tasca e il cappellino”. Mi fa notare un amico. E via a contarli, uno, due, tre, ottomila. Camminano a piccoli gruppi. Si guardano, si sorridono. La foschia avvolge la capitale della Baviera. Il carillon del municipio nemmeno si vede più. Ma chi sono i napoletani? La stessa domanda è rivolta all’Hofbräuhaus, la birreria famosa per il discorso di Hitler da dove partì tutto. Li via i cappellini.  Te ne accorgi perché non ti serve guardarli, li senti.  Il coro parte con cadenza costante:  “Alé, Alé, Alé, Napoli, Alé” . All’inizio è uno, poi due, poi dieci, cento, duecento. E tra quelli anche i distratti avventori di altre nazioni che si uniscono, scattano foto e ritmano con il battimani. Uno spettacolo.
Eccoli i napoletani. Sono in ottomila, molti senza biglietto. A me è capitato di trovarlo attraverso un sito internet che rimette in circolo quelli dei tedeschi che non possono andare allo stadio. Titolo sicuro, prezzo normale, gestito dal Bayern,  più una piccola aggiunta. Anche questa è civiltà. Sorrido pensando che a Napoli il biglietto online è un quasi sconosciuto. Bella Monaco, anche per questo.
Il parco dell’Olympiastadion è fantastico, il museo della Bmw Idem, il campo di concentramento di Dachau ti ricorda che l’uomo è
capace di impazzire. Bella Monaco con tutte le sue strade perfette e le luci che ti ricordano continuamente il benessere. Magari avessimo un decimo del rispetto del bene comune che hanno qui. Ma chi sono i napoletani? Eccoli a gruppetti. Si guardano, si salutano, sono tanti. Interisti, Milanisti, inglesi non reggono al confronto, ci dicono. Eppure qui ne hanno viste tante. Molti torneranno all’ombra del Vesuvio, altri rinfodereranno le loro sciarpe e domani saranno  al lavoro in pizzeria, al bar oppure nel negozio artigianale e parleranno in tedesco, solo in tedesco ricordando una giornata che in altro modo non avrebbero potuto vivere.
saluti da Monaco
Gianluca Agata

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