Difendo Gargano, errori figli del coraggio
Spezzo una lancia a favore di Walter Gargano. Sono il primo (e già da un po’) a non provare simpatia per l’imprecisione del piede del Mota, così come non amo la sua centralità nella costruzione del gioco napoletano. Allo stesso modo sono spesso d’accordo, pur trovando eccessivi i fischi che alcuni settori dello stadio gli […]
Spezzo una lancia a favore di Walter Gargano. Sono il primo (e già da un po’) a non provare simpatia per l’imprecisione del piede del Mota, così come non amo la sua centralità nella costruzione del gioco napoletano. Allo stesso modo sono spesso d’accordo, pur trovando eccessivi i fischi che alcuni settori dello stadio gli indirizzano, con le critiche che gli vengono rivolte. Però, se ha dei meriti, è giusto riconoscerglieli. E oggi, secondo me, ne ha.
Arriviamo al punto. Lunedì sera, Milan Napoli 3 a 0. Prima che l’attenzione si concentrasse sull’arbitro Rocchi e sulla sua scelta di fischiare il rigore per i rossoneri, abbiamo tutti riconosciuto che gli azzurri hanno giocato pessimamente. Come se l’è cavata Gargano? Male, ha sbagliato decine di passaggi, dai lanci di 40 metri agli appoggi al compagno a fianco.
In seconda battuta siamo convenuti sull’osservazione che, tra le principali manchevolezze dei giocatori del Napoli, c’è stata quella caratteriale. La nostra è una squadra piuttosto timida, ancora inesperta nel gestire la tensione di certi match. Come è tradizione, poi, al san Siro ci squagliamo. Qual è il giudizio sulla prestazione di Gargano in questa prospettiva? Non proprio positivo, ma (almeno a mio avviso) superiore a quello dei compagni di squadra.
D’altronde, se ripensando alla partita di lunedì ci tornano alla memoria tanti errori di Walter “l’uragano” dipende proprio dalla circostanza che è stato l’unico in mezzo al campo ad assumersi certe responsabilità. Mentre Hamsik è riuscito a calibrare alla perfezione una serie infinita di retropassaggi verso la difesa e Pazienza è stato continuamente fuori dal gioco peggio del più abulico Sam Dalla Bona, Gargano si è preso la briga di provare a fare qualcosa. Sbagliando, ma almeno ci ha provato. Il cognato gli potrebbe rimproverare “Io ho perso meno palloni”; ma lui potrebbe rispondergli, parafrasando un certo prete politicamente attivo, “che senso ha avere le mani pulite, se poi le si tengono in tasca?”. E non è la prima volta che accade.
Come si diceva poco sopra, il Napoli è ancora una squadra timida. In sicura crescita temperamentale (fino a un anno fa non avremmo vinto tante partite, non saremmo passati in vantaggio all’Anfield, non ce la saremmo giocata alla pari al Madrigal), ma c’è ancora strada da fare, e ancora ci manca quel leader che invochiamo da tempo.
Ci siamo più volte chiesti se lo possa diventare Lavezzi: sì, già lo è, ma solo dal punto di vista del gioco. Non c’era a Milano, ma ha partecipato a tante sconfitte in questi anni. Quando manca il Pocho, i compagni sentono la mancanza del suo estro, certo non del suo carisma.
Può essere allora Gargano il nostro leader? No, non corriamo. Ma quello che voglio sottolineare è che il Mota (secondo solo a De Santis) è tra i giocatori del Napoli quello dal carattere più forte. Mentre in molti (a tratti anche io) sognano un centrocampo libero dalla sua anarchica foga, forse proprio il suo coraggio rappresenta la chiave di volta per la sua consacrazione. Se indovinassimo l’acquisto del mediano da affiancargli, non solo forte fisicamente e tecnico, ma anche esperto e, per l’appunto, con le caratteristiche del leader, potremmo raggiungere due risultati: mettere Gargano nella condizione di giocare meglio e più serenamente, e fare leva sulla sua serenità per farlo crescere ulteriormente. A beneficio suo e della squadra.
di Roberto Procaccini