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Tanti giovani stranieri ma non ci sono i nostri

Mancano solo gli scampoli alla chiusura della finestra invernale di mercato. Le strategie del Napoli a questo punto sembrano queste: Ruiz subito e Fernandez a giugno per la difesa; Barreto – forse già da ora – e Inler – pare in estate – per il centrocampo; Mascara per l’immediato e il giovane Matavz per l’anno a venire per quanto riguarda l’attacco. Se si verificassero tutti o in parte questi movimenti, la rosa del Napoli per la prossima stagione vedrebbe sensibilmente alzarsi la quota degli stranieri a discapito degli italiani (in special modo se Pazienza non rinnova e se dovesse rotolare la testa di Aronica), nella stagione che precede gli Europei di Polonia e Ucraina.
Si faccia un passo indietro, e si torni solo per un attimo all’esperienza dello scorso mondiale. A termine di una delle peggiori apparizioni di tutti i tempi offerte dalla nazionale italiana al torneo iridato, sono stati molti gli interrogativi posti sulla condizione di salute del nostro calcio, tenuto conto anche del contemporaneo appannamento dell’under 21. Quello che stampa e pubblico si chiedeva era: dove sono i nuovi campioni? Cosa fa il movimento italiano per aiutarli a crescere e ad affermarsi? Soprattutto, quale responsabilità hanno i club in tutto ciò? Non passava inosservato (per quanto molto pesassero le scelte del ct) che a fornire più giocatori alla rappresentativa nazionale era la Juve della disperata stagione Ferrara – Zaccheroni, mentre il Milano offriva i soliti Pirlo&Gattuso e il Napoli sesto in classifica dava maggior mano d’opera dell’Inter del triplete, dei record e dei miracoli (la quale, per dirla tutta, di giocatori alla nazionale non ne consegnava nessuno, anche se c’era un tal Balotelli). Il tempo è passato, è ricominciato il campionato e l’argomento è scivolato in soffitta, ma le domande restano.
Ora torniamo a noi. Il Napoli si sta nuovamente affermando nell’empireo del calcio italiano. Che stia lassù non è più un caso, dipende solo in parte dagli stenti di altre squadre e ormai stupisce poco gli osservatori. Il club azzurro per di più in virtù dei nuovi acquisti, a detta di molti, cementa ancora di più la posizione, confermandosi una ‘testa di serie’ del calcio nostrano.
Ebbene, il Napoli ha responsabilità nei confronti del movimento calcistico italiano? Tra 16 mesi si disputeranno gli Europei e noi, augurandoci di stare ancora lì dove oggi stiamo, cioè ai vertici, quanti giocatori proporremo a Prandelli? Soprattutto quanti giovani, quanti virgulti che non siano i maturi Cannavaro, De Santis, Maggio e Dossena, ragazzini capaci di aprire un ciclo anche in nazionale?
Qui non si vogliono fare critiche né suggerire soluzioni, ma solo porre domande. Anzi, una domanda: deve avere un’etica italiana il calcio mercato del Napoli? E’ meglio essere liberisti, ovvero razionali e pragmatici negli acquisti cercando il massimo al prezzo più conveniente senza guardare a nazionalità di sorta, oppure dovremmo fare nostro quello stile patriottardo tipico della Juve che ha sempre puntato molto sui talenti tricolori?
Capitolo a parte dello stesso argomento sono i giovani. Tra le critiche piovute sui grandi club c’è anche quella di non saper più crescere e aspettare i campioncini delle giovanili, preferendo puntare sui ventenni già svezzati di altri campionati piuttosto che accudire i nostri diciottenni. Al momento sono quattro i nomi caldi della primavera azzurra, tre cresciuti nel nostro vivaio e il quarto colto a Empoli: Ciano, Insigne, Maiello e Dumitru. Il Napoli dovrebbe darsi un pizzicotto sulla pancia e accelerare il loro inserimento in prima squadra, a costo di soffrire un loro iniziale spaesamento in massima serie, o è meglio accogliere i giovani altrui (Fernandez, Ruiz, Matavz) che il grande salto nei vertici del professionismo l’hanno già fatto?
Probabilmente la risposta più razionale è che nella nostra scalata alle gerarchie del calcio italiano semplicemente non abbiamo il tempo di porci domande del genere, dovendo già scontare un enorme gap in fatto di strutture, maturità e completezza rispetto ad altri club. Ma è altrettanto vero che certe domande è meglio farsele prima, piuttosto che piagnucolare poi sulle batoste subite in scenari internazionali.
di Roberto Procaccini

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