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Trent’anni di illusioni
Esigenti solo nel calcio

Trent’anni oggi da quel fatidico giorno che scosse la nostra terra. Costruzioni, ricostruzioni, soldi arrivati a vagonate. «Fate presto» fu l’appello lanciato in prima pagina da Il Mattino. E per fretta (solo per fretta?), trent’anni sono un lasso di tempo più che sufficiente a giudicare, si fece molto poco. Lontano dal voler essere irriverente mi preme, in questa ricorrenza, fare uno sguaiato ma ricorrente parallelismo tra l’attenzione che i napoletani riversano alla squadra di calcio e quella che dedicano ai problemi della città.  Senza tirare in ballo Troisi, che ironicamente diceva cose sacrosante.
Parlando del Napoli ho l’impressione che alle pendici del Vesuvio sia scritto a caratteri cubitali: «SIATE ESIGENTI». Se da Mulholland Drive si scorge l’insegna “HOLLYWOOD”, da via Caracciolo pare intravedere questa indicazione. Ma solo per il calcio. Leggendo articoli e commenti di tifosi quasi non si comprende che attualmente il Napoli è terzo e con buone possibilità di lottare per i vertici del campionato. Per molti Hamsik è diventato una sorta di brocco da vendere a peso come un americano in libera uscita che gli scugnizzi del dopoguerra si contrabbandavano con i guappi dei vicoli. Lo stesso vale per altri azzurri.
Non sono giudizi da non prendere in considerazione, sorprende però la velocità con cui i tifosi si abituano alle gioie e di come esigano così tanto dalla squadra di calcio e così poco da chi governa la propria città. Quella manifestazione senza pretese dei sessantamila del San Paolo per la prima apparizione di C contro il Cittadella sembra un lontanissimo ricordo. I Toledo, Ignoffo, Consonni già sono stati dimenticati. Eppure dal ’95 ad oggi (provando ad essere generosi con le date) non si annoverano grandi campioni che abbiano vestito la casacca azzurra: Prunier, Sergio, Crasson, Asanovic, Caccia, Baldini, Bandieri, Sesa, Stojak e si potrebbe continuare per pagine e pagine. Gente che ha riempito i peggiori incubi e lasciato insonni le notti di tanti tifosi.
Certo, si potrebbe obiettare che il Napoli ha trascorsi gloriosi. Savoldi, Clerici, Krol, Vinicio, Juliano, Pesaola, Tacchi, Zoff senza contare il settennato maradoniano. Ma, escluso appunto il settennato del Re, la misura del Napoli era quella di strappare negli anni buoni una Coppa Italia o di infastidire i club del nord nella contesa dei primi posti. Perché allora tanto zelo nel giudicare questi ragazzi che da un anno e mezzo ci stanno regalando enormi soddisfazioni? In una città dove persino immaginare un ciclo di rifiuti assennato sembra un’utopia, nel calcio riusciamo invece ad avere un’organizzazione se non invidiabile almeno decente.
Dai discorsi del Presidente non si è ben capito quale sarà la misura e il blasone del Napoli che verrà. Regge il consumato discorso del cinque + cinque (prendi 3 paghi 2 come scrisse qualcuno) che ancora non si è compreso dove porterà. Detto per inciso, senza velature, credo che questa sia la reale dimensione del Napoli. E non me ne scontento. Altri scenari si potranno profilare nel caso sarà realmente applicata la fantomatica regola del fair play finanziario. Per ora comandano industriali, petrolieri, finanche Presidenti del Consiglio. Ma Napoli è lì con il giusto mix di straordinaria passione della gente e accuratezza manageriale.
Detto con ancor più franchezza, credo che la città di Napoli con la sua cultura, le bellezze e le tradizioni abbia un profilo di gran lunga migliore della squadra di calcio. Facciamo una formazione? Croce, Giordano Bruno (e non Bruno Giordano), De Filippo, Totò, Troisi, Muti, Russo, Viviani, Bovio, Di Giacomo, Erri De Luca.. solo per citare i primi che mi balenano in mente… sennò altro che panchina lunga ci sarebbe. Nel giorno in cui ricorrono trent’anni da un micidiale sisma, vale la pena ricordare (sempre con uno sguaiatissimo paragone) il terremoto del fallimento che appena sei anni fa’ colpì la società di calcio. A rischio di dire una banalità e qualcosa di abusato, forse è giusto rammentare che con molte meno risorse e in meno tempo si è fatto molto più nel calcio che per rilanciare la città. Probabilmente perché solo nel calcio riescono a confluire le forze e le risorse di un popolo intero. Non accade così per il resto.. ma questa è veramente un’altra storia.. Esigenza si, ma come si di dice dalle nostre parti, «con calma e per piacere».
Valentino di Giacomo

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