Ora che il sipario è calato, il Mondiale dai mille colori fa sembrare ancor più sgonfio il nostro pallone. Stadi come astronavi e feste di popolo, in Sudafrica. Stadi inadeguati al calcio e trappole ultrà, il panorama italiano. Sullo sfondo una ripartenza del nostro campionato con il confine tracciato da una svolta più volte annunciata e, adesso, non più strattonabile: dall’ultimo fine settimana di agosto è in agenda il battesimo della tessera del tifoso.
Seria A, B, Lega Pro: i club dovranno mettere a disposizione dei tifosi «buoni e fidati» la carta voluta dal Viminale. Tessera del tifoso, dunque. Obbligatoria per entrare in possesso dell’abbonamento e obbligatoria per programmare i viaggi al seguito della propria fede. Fin qua tutto chiaro perché precise sono le norme indicate nella circolare del ministero degli Interni e dettagliato è il progetto al servizio degli appassionati. «Stavolta si parte, niente più deroghe per le società non in regola..», è il messaggio del ministro Roberto Maroni che guarda alla tessera come alla soluzione (in gran parte) dei problemi di ordine pubblico che accompagnano il nostro calcio.
Una card per contrastare la violenza che sembra aver avviato una «rivoluzione» ancora poco quantificabile, ma di innegabile portata.I segnali sono sul campo, le scosse anche: dalla protesta contro quella che giudicano una schedatura, gli ultrà sono passati ai fatti. Niente abbonamenti, hanno deciso gruppi storici come quelli della Lazio (la Nord si è addirittura sciolta), della Roma, del Napoli, dell’Atalanta, del Bologna e del Toro.
Nessuno occupi lo spazio ultrà, è il loro messaggio anche a quei tifosi che, ultrà non si sentono, ma che guardano la partita del cuore dello stadio. Cosa accadrà fuori dalle curve non è ancora decifrabile perché se i «picchetti» sono lo sbocco, da capire sarà il clima in cui si manifesteranno. Il Viminale annota, ascolta, vigila: i movimenti delle ultime ore potrebbero, in un certo modo, addirittura accelerare il processo alla base della nascita della tessera del tifoso perché restituire gli stadi (e quindi le curve) alla famiglie è una delle linee guida del ministro Maroni.
La riforma è in atto, nessuno può fermarla. Non lo possono fare i club per i quali sono previste sanzioni (anche settori chiusi) se non si presenteranno al via della stagione in regola con la card e con i «nuovi» tornelli per agevolare l’ingresso sugli spalti dei tifosi fideizzati (ogni società sarà libera di associare alla tessera tutti una serie di servizi e privilegi). Non lo potranno fare gli ultrà, già scesi in massa a Roma in cortei di dissenso ed ora con l’arma dei non abbonamenti in mano. Molti sono i comunicati suoi siti dei gruppi dove si parla di «libertà repressa» e di «schedatura anticostituzionale».
Gli ultras della Lazio hanno scelto di chiudere con la loro storia, quelli della Roma invitano il popolo giallorosso a comprare il biglietto di volta in volta. Altre tifoserie si interrogano, manifestazioni sono in calendario in queste ore d’apertura della campagna abbonamenti. Milanisti ed interisti ne hanno già sottoscritte a migliaia di tessere (il Milan circa 260 mila, l’Inter 80 mila) e per loro, già dalla passata stagione, non ci sono più divieti alle trasferte.
Curve d’Italia in agitazione, dunque. E stadi pronti, forse, al primo vero colpo d’occhio che non ti aspetti. Cosa accadrà se per partite di grido dal Viminale arrivasse l’ordine di vendere anche i singoli biglietti ai soli possessori della tessera (già accaduto diverse volte in questi mesi)? Ultrà fuori, senza abbonamento e senza possibilità di acquistare il ticket per l’incontro, famiglie dentro, sui gradoni della curva, o curva vuota. Maroni ha tracciato il confine. Gli ultrà si ribellano. «Ci vogliono schedare tutti..», è il loro cavallo di battaglia. No alla tessera del tifoso, urlano invocando la privacy per qualcosa che assomiglia ad una carta di credito o ad un telepass
Gugliemo Buccheri
(da la Stampa)
Tessera del tifoso il nodo post mondiale
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