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Conte stravince ancora il duello delle panchine, ma l’Italia vista ieri non è solo tattica e cuore

Conte stravince ancora il duello delle panchine, ma l’Italia vista ieri non è solo tattica e cuore

Se per Italia-Belgio scrivemmo che Conte aveva vinto il duello con Wilmots perchè forse era l’unico che l’aveva giocato veramente, per Italia-Spagna siamo costretti a ripeterci. E a moltiplicare questo concetto. Perché nella sfida contro Del Bosque, uno che l’uno contro uno sulla lavagnetta l’accetta eccome, il tecnico salentino non ha solo vinto. Ma ha stravinto su tutta la linea, proponendo un calcio sì reattivo come visto contro i Diavoli Rossi, ma capace anche di offrire picchi di spettacolarità al di là della pura garra. Se i due gol nascono da azioni fondamentalmente casuali, una punizione dal limite e una splendida apertura panoramica di Insigne in una situazione di fine partita con la Spagna sbilanciata in avanti, l’occasione fallita da Eder all’inizio della ripresa è il manifesto del tecnico salentino. E spiega pure perché la coppia d’attacco di questa squadra debba essere Eder-Pellé. Con buona pace di Insigne, Zaza, Immobile e tutti noi.

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C’è tutto, in questa azione. L’uscita palla bassa da una situazione di pressione avversaria, l’esterno che tocca di prima verso l’interno in appoggio, la palla in verticale e soprattutto il movimento a pendolo dei due attaccanti, uno che viene incontro e l’altro che si butta nello spazio alle spalle. Il tacco di Pellé, al di là della narrativa, dimostra quanto questa squadra, pur non possedendo la stessa quantità di talento di molte avversarie in questo Europeo, sia riuscita comunque a inscatolare, coerentemente, le doti dei suoi calciatori in un contenitore tattico di altissimo livello, soprattutto contro squadre che amano giocare la palla. 

La Spagna, ieri, ha offerto e mostrato la peggior versione di sé stessa. Un possesso nemmeno altissimo rispetto allo standard e alle previsioni (59% con 555 passaggi effettuati), condito però da 19 errori negli appoggi e da una capacità ridotta di creazione offensiva (stesso numero di occasioni create dell’Italia, 8). A questa difficoltà nella gestione puramente tattica dell’incontro, gli iberici ci hanno aggiunto i pessimi risultati in riferimento al numero di tackle vinti rispetto a quelli effettuati: appena il 30%, con zero (!) tentativi a buon fine durante i primi 45′ di gioco. Ovvero un periodo di partita (l’intera prima frazione) in cui l’Italia ha letteralmente soffocato il gioco degli spangoli, concedendo zero occasioni da gol reali e appena due conclusioni verso la porta, entrambe da fuori area. Una parata agevolmente da Buffon, una respinta da De Sciglio.

Rispetto alle partite precedenti, Conte ha un po’ annacquato il suo 3-5-2. L’ago della bilancia è stato Emanuele Giaccherini, spesso allineato alla coppia offensiva (sotto, in alto a sinistra, il campetto posizionale dell’intera nazionale italiana. A destra quello della Spagna) ma comunque in grado di recuperare subito la sua fondamentale posizione di interno accanto a De Rossi. Per il centrocampista del Bologna (in basso la sua heatmap percentuale), compito addirittura triplo: come si vede dalla distribuzione spaziale della sua partita, il lavoro di mezzala e a sostegno del tridente è stato accoppiato anche a quello di esterno in sovrapposizione all’intraprendente De Sciglio, in modo da sfruttare il posizionamento dei calciatori spagnoli, tutti ingolfati a centrocampo con i soli Juanfran e Jordi Alba a presidiare le fasce. Da qui, da questa superiorità numerica, nasce la grande occasione sul finire del primo tempo per Giaccherini. Uno contro uno sulla sinistra, movimento a convergere e gran tiro a giro. Come nell’occasione di Pellé: l’idea di attaccare così, ma anche le capacità puramente tecniche per farlo bene.


Conte ha preparato benissimo la partita, e lo leggi soprattutto in un dato fondamentale: quello delle palle intercettate, vale a dire dei passaggi non completati dagli spagnoli grazie all’intervento di un calciatore avversario. Lo score dice 19 a 8, un doppiaggio pieno, con Bonucci leader assoluto tra i calciatori in campo. Ben 4 i palloni intercettati dal centrale juventino, tutti nel primo tempo. Quando gli schemi non erano stati ancora alterati dall’ansia del risultato o dalla stanchezza. Anche in questo, la vittoria di Conte e di una preparazione tattica maniacale, puntigliosa, profonda in ogni dettaglio. 

Un esempio è la scelta degli esterni in relazione alla coppia con la mezzala. Se a sinistra Giaccherini era più in grado di supportare, sovrapponendosi, il movimento saliscendi di De Sciglio, a destra il lavoro è stato praticamente del solo Florenzi. Che è più bravo ad attaccare, ma si è maggiormente concentrato sul tenere basso Jordi Alba (nel campetto posizionale di sopra si vede quanto sia più alto rispetto a De Sciglio) e nel lavoro di ripiegamento, senza troppe discese, in modo da avere sempre il fiato per coprire la fascia pur senza avere la possibilità di contare su un compagno di zona simile a Giaccherini. Parolo, mezzala destra, non ha le caratteristiche per questo tipo di movimenti e predilige un lavoro di pura cucitura a centrocampo. “Limitando” Florenzi (due soli cross dalla sua fascia per il romanista, 4 per De Sciglio), pur facendogli mantenere una posizione mediamente altra, Conte è riuscito a tenere buono il fluidificante del Barcellona, tecnicamente più bravo rispetto al dirimpettaio Juanfran. I 5 cross concessi al barbuto terzino dell’Atletico Madrid rappresentano una scelta precisa, soprattutto in relazione ai 3 consentiti al mancino del Barcellona. Sembra un dettaglio, ma vuol dire che Alba ha dovuto limitare le sue pericolose discese sulla fascia. Sembra un dettaglio, ma è anche qui e così che Conte ha vinto la partita. Sotto, grafico comparato tra i due terzini: la fascia sinistra di De Sciglio, coperta di più nella sua interezza e con molte più discese. La fascia destra di Florenzi, mediamente più alto ma meno propenso ad attaccare la linea di fondo.

Il resto della preparazione di Conte lo vedi nella regia “diversa” di Bonucci, più passaggi ravvicinati per muovere le mezzali spagnole piuttosto che i lanci lunghi visti col Belgio, in modo da bypassare le migliori letture posizionali di Piqué e Ramos rispetto ai colleghi belgi. Sotto, nel campetto, tutti i passaggi effettuati dal centrale della Nazionale, stavolta solo settimo per palloni giocati ma primo per pass accuracy (90%). Lo vedi nella maggiore importanza data a un De Rossi in pieno recupero (41 palloni giocati, 84% di passaggi riusciti), nella cocciuta volontà di confermare due attaccanti probabilmente invisi a tutta Italia, ma perfettamente a loro agio nel ruolo disegnatogli addosso quanto cucito intorno a loro. Eder e Pellé sono i due simboli di questa Nazionale: se Pellé segna sempre i gol del raddoppio e fa l’operaio (7 duelli aerei, 4 persi e 3 vinti), Eder è insospettabilmente l’uomo più tecnico della nostra Nazionale. Per l’italobrasiliano, 3 dribbling tentati, la cifra più alta tra gli italiani e la seconda in campo dopo un signore che si chiama Iniesta. Il titolo potrebbe essere “la tecnica che non ti aspetti”, per lui e per questa Italia che sembra operaia ma che invece gioca bene a calcio. A modo suo, ma gioca bene. E il merito è tutto del ct.

Ps. Il secondo calciatore italiano in campo per numero di dribbling tentati è Lorenzo Insigne (2). In otto minuti. Ma lui non lo voglio analizzare tatticamente, non ce n’è bisogno. L’ho fatto con la pancia e la testa da tifoso, ieri sera (qui). Mi sembra ancora il modo migliore per celebrarlo.  

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