Il Guardian e la demenza: il rugby dovrebbe agire ora, prima che un tribunale lo riconosca responsabile
Le cure per i malati di CTE sono costosissime, sarebbe bene iniziare ad accantonare dei fondi per i giocatori malati. E' solo questione di tempo

Sul Guardian un articolo su rugby e demenza. Il succo del discorso è questo: se il mondo del rugby si aspetta che scompaia la bufera senza prendere accorgimenti sbaglia, perché sta per essere travolto in pieno dal disastro. Occorre intervenire subito.
La settimana scorsa l’ultimo caso segnalato, quello di Ryan Jones, ritiratosi perché gli è stata diagnosticata la demenza, encefalopatia traumatica cronica (CTE), quella derivante dai troppi urti con la testa. Una malattia troppo frequente nel rugby come in tutti gli sport di contatto.
“L’esplosione del numero e dell’intensità delle collisioni a cui il rugby ha assistito negli ultimi 25 anni non è il risultato di una cospirazione di allenatori e giocatori delinquenti che cercano di farsi del male a vicenda. È semplicemente la logica conclusione degli sport di collisione, che attribuiscono un tale premio a velocità, potenza e forma fisica”.
È in corso una causa, intentata contro alcuni organi di governo da giocatori veterani. Gli organi di governo dovrebbero prepararsi ora, indipendentemente dalla certificazione di eventuali colpe, scrive il Guardian.
“Lo scenario migliore è che le diagnosi fatte ai giocatori di probabile CTE siano sbagliate. Il danno cerebrale che hanno subito è innegabile, ma le condizioni che ne derivano sono degenerative? In altre parole, moriranno per esse? Solo il tempo può rispondere a questa domanda, ma l’esperienza del football americano non è incoraggiante”.
Il dottor Adam White, direttore esecutivo della Concussion Legacy Foundation (Regno Unito), ha condotto una ricerca sull’esperienza delle famiglie colpite da CTE su entrambe le sponde dell’Atlantico.
«Penso che stiamo affrontando lo stesso problema. Non credo che ci siano prove o spiegazioni logiche per suggerire che il rugby sarà diverso. Potremmo avere un esordio leggermente più tardivo, dato che il football americano era solito iniziare forti contatti all’età di cinque anni, ma stiamo vedendo adolescenti e persone sui 20 anni con CTE laggiù».
Se qualcuna di queste condizioni segnalate dai giocatori si riveleranno degenerative, è chiaro che in lontananza si intravede una tempesta che si sta dirigendo verso il rugby. I malati di CTE necessitano di assistenza continua.
“Quasi sicuramente verrà il momento in cui saranno necessarie unità altamente specializzate solo per ospitare quegli ex giocatori. Il rugby si illude se pensa che tutto questo stia scomparendo. Che bello se gli organi di governo potessero farsi avanti per aiutare i giocatori ora, piuttosto che aspettare che un tribunale li ritenga responsabili”.
Gli organi di governo del rugby dovrebbero iniziare a mettere da parte sin da adesso dei fondi da destinare all’assistenza dei giocatori colpiti da CTE. Prima che sia troppo tardi. Non tutti saranno capaci di far fronte da soli alle spese.
“La cura della demenza è estremamente costosa e i costi aumentano con l’aggravarsi della condizione. Ciò non rende “supportare i giocatori” una risposta facile a nessuno dei problemi che sembrano assalire il rugby da tutte le parti, ma è una risposta chiara e che prima o poi dovrà essere data”.