La figlia di Meazza: «Il suo cuore batteva per l’Inter, ma ha sempre riconosciuto la grandezza del Milan» 

Alla Gazzetta: «Quando veniva a prendermi a scuola, tutti si radunavano per un autografo. Ma mio padre ha sempre mantenuto l'umiltà».

la figlia di meazza

Sulla Gazzetta dello Sport un’intervista a Silvana Meazza, una delle figlie di Giuseppe, a cui è intitolato lo stadio di Milano. Ha 80 anni. Commenta il derby in programma stasera.

«Andrò da un’amica, porta bene. E che vinca il migliore, sperando che sia l’Inter…».

Del padre dice:

«Era un milanese garbato e discreto. Papà premuroso, nonno fantastico. Solo dopo che è stato il calciatore più importante della sua era, due volte campione del mondo».

Racconta cosa voleva dire essere figlio di un uomo così famoso.

«Quando veniva a prendermi a scuola, tutti si radunavano per un autografo. Ma ho vissuto tutto con normalità perché mio padre ha sempre seguito il consiglio del grande Arpad Weisz. Facendolo debuttare, gli disse: “Per favore Peppino, mantieni sempre l’umiltà”».

Oggi potrebbe essere paragonato a Cristiano Ronaldo, per popolarità e gol, dice.

«Mio padre sponsorizzava tutto: tacchetti, oli, brillantina. Ma aveva un carattere diverso da CR7, non era vanitoso per niente».

Racconta come si vivevano i derby in casa Meazza.

«Da giocatore soffriva alla vigilia. E anche dopo aver smesso era “la partita”. Il cuore batteva per l’Inter, ma era imparziale: ha sempre riconosciuto la grandezza del Milan».

Nel Milan giocò anche un paio di anni.

«In famiglia glielo abbiamo rinfacciato per anni, ma non era un tradimento. L’Inter non credeva nella sua rinascita, giusto accettare una nuova sistemazione. In rossonero nel 1941 segnò un 2-2 da ex che lo fece piangere. C’erano tifosi nerazzurri che gli tennero il muso per anni: uno lo chiamavano Mangiaramàda, mangiarete, perché soffriva tanto da mordere la recinzione. Un altro era Angelo Moratti…».

E sul futuro dello stadio:

«Mi dispiacerebbe fosse demolito, anche in parte, perché è un simbolo di Milano. E spero che qualunque stadio futuro si chiami ancora Giuseppe Meazza, detto Peppìn».

 

 

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