«Un positivo in campo non crea un contagio massivo. I calciatori devono stare attenti fuori»
Il medico sportivo Carlo Tranquilli al Giornale: «Sono preminenti i contatti prima e dopo la prestazione. Familiari, amici e colleghi possono essere tutti una fonte di pericolo»

Il Giornale intervista Carlo Tranquilli, medico sportivo ed ex direttore sanitario dell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del Coni. Il tema è quello dei contagi in aumento nel mondo dello sport. Secondo lui nella vita quotidiana degli atleti si nascondono molte criticità.
«Non parlerei di scarsa attenzione, ma sicuramente di mancata abitudine a gestire i contatti esterni in maniera sicura. Familiari, amici e colleghi possono essere tutti una fonte di pericolo, portano a una promiscuità rischiosa che rende inutili i protocolli adottati per ridurre al massimo il rischio durante le prestazioni sportive. Non ci si può chiudere in convento per mesi e mesi come ha fatto l’Nba, quello non è uno schema applicabile a tutti, però serve attenzione perché il virus ha ripreso a circolare, ci sono molte più possibilità d’infezione anche se poi gli atleti sono forti fisicamente e spesso sono asintomatici o hanno sintomi lievi».
Valentino Rossi, ad esempio, potrebbe essere rimasto contagiato alla cena tenutasi domenica scorsa dopo il Gran Premio di Le Mans.
Non sono le gare a dover essere incriminate, ma i comportamenti fuori dal campo.
«Lo abbiamo visto nel calcio con Genoa-Napoli, un positivo in campo non crea un contagio massivo. Rimangono preminenti i contatti prima e soprattutto dopo la prestazione, quando si registra un calo delle difese immunitarie dovuto allo sforzo esaustivo, un gap che può protrarsi per qualche ora o una giornata al massimo. Gli atleti hanno un sistema immunitario più forte rispetto alla media. Ma dopo una gara devono riposare, stare attenti in ogni situazione, evitando perfino le cene se possibile».