L’uomo delle Nazionali giovanili: «Ha ragione Allegri, il guardiolismo ha ucciso il talento»
Viscidi al Corsera: «Il problema sono gli imitatori di Sacchi e Guardiola. Oggi i ragazzi non cercano la profondità, non tirano in porta, non sono forti nell’uno contro uno e non sanno colpire di testa»

Photo Matteo Ciambelli
Il Corriere della Sera intervista Maurizio Viscidi coordinatore tecnico di tutte le squadre azzurre, dall’Under 15 all’Under 21. Il quotidiano di via Solferino è l’unico che porta avanti un tema centrale nel calcio: lo snaturamento del senso del gioco. Qualche settimana fa pubblicò un’interessantissima intervista a Massimiliano Allegri che provocò risposte scomposte alla nutrita pattuglia degli onanisti del pallone, coloro i quali hanno scambiato Guardiola per Che Guevara e in epoca di crollo ideologie sono diventati fondamentalisti del calcio “passa a me e passa a te” ossia di un altro sport. E ovviamente hanno impartito lezioni ad Allegri. Il mondo è meraviglioso.
Il Corriere della Sera per fortuna non si ferma. Riportiamo quattro passaggi dell’intervista di Paolo Tomaselli:
Il talento è stato tarpato?
«Sì e il rischio c’è ancora. Negli Allievi del Padova ho allenato Del Piero: si faceva sempre uno contro uno, si calciava in porta, ci si fermava per le punizioni. L’abbiamo messo nelle condizioni di sviluppare il talento».
Poi gli imitatori di Sacchi hanno fatto dei danni?
«Sono stati un grosso problema: per anni si è pensato più alla tattica e alla parte atletica, che alla tecnica. Scimmiottando
le metodologie del grande calcio, i bambini toccano troppo poco la palla. Così uccidiamo il talento».
Un altro esempio di questo rapporto sbagliato?
«Il guardiolismo. E io per Guardiola stravedo. Ma dai nati nel 2003 in poi abbiamo difficoltà a trovare attaccanti. La ricerca del gioco e del possesso ha creato centravanti bravi di sponda e a rientrare. Ma non cercano la profondità, non tirano in porta, non sono forti nell’uno contro uno e non sanno colpire di testa».
Allegri parla di libertà dagli schemi: ha ragione?
«Sì. E difatti in Nazionale non giochiamo secondo schemi rigidi, ma seguendo principi di gioco: la costruzione dal basso, l’ampiezza, la rifinitura sulla trequarti e la ricerca della profondità. È la stessa impostazione che vuole Mancini e il suo impulso ci dà la forza di fare calcio propositivo, anche quando può sembrare la strada più difficile».
Attendiamo gli strepiti dei fondamentalisti del pallone.