Miguel Ángel Russo era il maestro del low profile, ossessionato dai dettagli (La Nacion)

Il tecnico del Boca è scomparso a 69 anni. Ha vissuto in 8 Paesi differenti, adattandosi ad ogni squadra. Il suo unico rimpianto è non aver giocato il Mondiale dell'86.

Argentina Boca Juniors

Bildnummer: 00640825 Datum: 10.06.2001 Copyright: imago/Stellan Danielsson Stadion La Bombonera in Buenos Aires; Heimst‰tte der Boca Juniors; Vneg, quer, Vogelperspektive, oben, leer, Innen, Innenansicht, Rang, R‰nge, Trib¸nen, Trib¸ne, modern, Stadt, Metropole, Skyline, H‰user, Primera Division 2001, 1. Argentinische Liga, Stadion, Fuflballstadion, Buenos Aires La Bombonera - Alberto J. Armando Leere, Fuflball Herren Mannschaft Argentinien Totale Randmotiv Sportst‰tte

Miguel Ángel Russo, “il rappresentante del basso profilo“: così gli argentini de La Nacion titolano un pezzo dedicato all’allenatore del Boca Juniors, scomparso ieri sera all’età di 69 anni dopo una lunga lotta contro un cancro alla prostata.

È morto Miguel Angel Russo, allenatore del Boca Juniors

La Nacion continua:

Era stato ricoverato qualche settimana fa, ma non si era mai allontanato dal calcio. Non voleva farlo, non poteva nemmeno pensarci. Continuare a stare dentro quel mondo è finito per diventare il suo motore esistenziale. Con più di mille partite allenate, 16 club, 8 Paesi in oltre 30 anni di carriera, Russo ha lasciato un’eredità nel mondo del calcio che sarà indelebile. Un profilo impossibile da imitare. Un uomo che ha capito perfettamente il mondo del pallone ed è diventato un esperto dei “codici del calcio”. Ha preferito il silenzio, la moderazione. Lontano dal rumore dei media, ha costruito la sua figura dentro e fuori dal campo, dal debutto con l’Estudiantes nel 1975, quando esordì con Carlos Bilardo. E non è mai cambiato: ha deciso di rimanere fermo sulle sue convinzioni e lo ha fatto fino ai suoi ultimi giorni di vita. L’Estudiantes è stata la sua casa per tutta la sua carriera da giocatore. Ma anche come allenatore; un amore che lo ha segnato per sempre. Un uomo dagli amori forti, intensi, appassionati: per questo ha lasciato, anni dopo, un’impronta profonda anche al Rosario Central e al Boca Juniors. Tutti si ricorderanno di lui come un tecnico ossessionato dai dettagli, che sa sfruttare le risorse e ha saputo adattarsi ad ogni squadra in cui è andato. 

Si è avventurato anche in Spagna, nel 1998, nella sua unica volta nel calcio europeo, ma non è stata la sua migliore esperienza, perché ha vinto solo 4 delle 16 partite al Salamanca; è tornato successivamente in Argentina. Era un giramondo. Ha gestito diversi club argentini, colombiani, messicani, è andato all’Al Nassr in Arabia e successivamente in Perù. Non si è mai preso una pausa perché ha sempre perseguito la gloria, ma ci è riuscito solo nel 2005 nella prima divisione del calcio argentino, con il Vélez Sarsfield vincendo il torneo di Clausura con un vantaggio di sei punti sulla seconda. Poco dopo, si è aperto uno dei capitoli più significativi della sua carriera, lo sbarco al Boca. Nel dicembre 2006 ha sostituito Ricardo La Volpe. Ha vinto la Coppa Libertadores nel 2007 grazie a una squadra spettacolare, che aveva Juan Román Riquelme, Martín Palermo, Rodrigo Palacio… Quest’avventura si è conclusa con la finale del Mondiale per club, quando ha perso 4-2 contro il Milan. E’ tornato nel club quest’anno, in mezzo alle emergenze e le difficoltà

Il tecnico nel 2020: «Il cancro mi ha insegnato che ogni giorno è incomparabile. L’unico rimpianto è non aver giocato un Mondiale»

Russo aveva dichiarato in un’intervista del 2020 al quotidiano:

«Il cancro mi ha insegnato che ogni giorno è incomparabile… È una benedizione vedere gli altri crescere. Sono guidato dalle mie emozioni. L’esclusione dal Mondiale dell’86? Sono cose molto difficili da assimilare per un giocatore. Ho capito che avevo fatto bene nell’intera stagione. Alla fine sono decisioni. Guardando tutta la mia carriera, un Mondiale era l’unica cosa che mi mancava. Mi hanno persino invitato a vedere la finale e non volevo andare. Il calcio mi ha dato tutto, tranne questa Coppa del Mondo. Ma penso di non potermi lamentare».

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