Le proprietà straniere hanno capito che non conviene acquistare club di Serie A, se non di fascia bassa

Lo spiega Calcio e Finanza a valle della cessione del Monza. Un club di Serie B è addirittura meglio: costa meno e può lottare per un successo (la promozione). Meglio se in una città nota. Fanno eccezione i Friedkin

serie a fondi americani friedkin

Tirana (Albania) 25/05/2022 - finale Conference League / Roma-Feyenoord / foto Image Sport nella foto: Dan Friedkin

Il passaggio del Monza da Fininvest agli americani di Beckett Layne Ventures è solo l’ultimo capitolo di una trasformazione in atto. Dalla stagione 2025/26, circa 20 delle 40 squadre tra Serie A e B saranno sotto il controllo di proprietà straniere o fondi di investimento, segnando una svolta netta verso un calcio sempre più imprenditoriale. In Serie A, ben 11 club su 20 hanno già investitori internazionali – dall’Atalanta fino alla Fiorentina, passando per Inter, Milan e Roma – mentre in Serie B quasi la metà delle società (8 su 20) sono nelle mani di fondi o magnati stranieri, tra cui Monza, Palermo, Sampdoria e Venezia.

Negli ultimi cinque anni, 12 operazioni di acquisizione hanno interessato squadre medio-piccole – dal Parma al Pisa, dallo Spezia alla Salernitana – evidenziando come nel calcio italiano si preferisca investire dove il prezzo d’ingresso è più contenuto, con l’obiettivo di generare plusvalenze e crescita di valore in 5-7 anni.

I fondi investono in Italia, ma sono nelle squadre medio-basse di Serie A (Calcio e Finanza)

Al contrario – spiega Calcio e Finanza – il mercato dei grandi club si è raffreddato: ad eccezione delle acquisizioni di Roma e Milan – rispettivamente nel 2020 e nel 2022 – i passaggi di proprietà negli ultimi anni sono rari, perché i fondi preferiscono evitare squadre che richiedono vittorie a tutti i costi. Chi investe in club meno blasonati, invece, agisce con logiche più razionali, puntando su valorizzazione e uscita redditizia. I casi più emblematici sono Oaktree all’Inter (entrato tramite prestito da 275 mln) e RedBird al Milan (pagato 1,16 mld): due approcci molto diversi, che influenzeranno la strategia e la tenuta finanziaria di entrambi i club.

Si legge così sul sito web succitato, esperto in materia:

Oltre a questo però c’è un altro elemento: gli investitori, in particolare quelli americani, hanno imparato che in Europa esistono promozioni e retrocessioni e talvolta è consigliabile spendere molto meno e puntare su un club di Serie B e quindi sulla sua speranza di promozione che non su una società in A e vivere con l’incubo della retrocessione.

Non solo, ma investire su un club della seconda serie ha ancora maggiore senso se questo si trova in una città nota in tutto il mondo, ha una discreta storia calcistica, una tifoseria appassionata e un buon tessuto imprenditoriale nel territorio. Sono gli ingredienti dell’investimento, sinora di notevole successo, di Knaster nel Pisa 

Nello specifico: se la storia o il blasone di una società non obbliga i proprietari al bisogno assoluto di portare a casa trofei, il lavoro degli investitori è molto più semplice e il calcio dei fondi funziona tendenzialmente. Per rimanere nel limbo della Serie A spesse volte è sufficiente vendere i giocatori più chiesti dal mercato per incassare plusvalenze con le quali comprare nuovi giovani di cui almeno uno potrà fare segnare una nuova plusvalenza. […]

Il gioco invece diventa terribilmente più complicato quando alla dinamica economica si affianca la necessità di vincere, tipica dei grandi club. Questo bisogno spesso impone scelte magari non razionali da un punto di vista del mero bilancio, obbliga a trattenere i campioni più importanti anche dinnanzi a offerte sostanziose per creare un nucleo che possa durare nel tempo”.

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