“Gli Europei nascondono ancora un nocciolo di purezza, il calcio non è solo un passatempo stupido. Non siamo amici, ma siamo uniti”
“In Europa siamo uniti, siamo amici”, ha annunciato il presidente della Uefa Aleksander Ceferin, presentando gli Europei. “Il calcio è una questione di amicizia, di buoni valori e di unione di culture diverse”. “Amicizia. Buoni valori. Tutti uniti. Sì, buona fortuna… Forse sarebbe inutilmente duro sottolineare che solo pochi mesi dopo che Ceferin aveva pronunciato queste parole, l’Europa sarebbe stata coinvolta nella più grande guerra terrestre dal 1945, una crisi di identità e divisione da cui il continente sta ancora disperatamente cercando di districarsi”, scrive a commento il Guardian.
Gli Europei prossimi venturi sono ovviamente un evento politico. E allora, scrive Jonathan Liew, “se gli amministratori del calcio hanno intenzione di fare questo tipo di affermazioni grandiose e messianiche per lo sport, allora è giusto tenerle alla luce della realtà. Il calcio è davvero una questione di amicizia? Si tratta di buoni valori, di unione di culture diverse, Xherdan Shaqiri e Aleksandar Mitrovic seduti attorno a un falò suonando il banjo? O è semplicemente il passatempo più grande e sciocco che l’umanità abbia mai inventato per se stessa, una massa ribollente di rivalità tribale, vuota evasione e dissolutezza performativa sullo sfondo di alcune delle imprese atletiche più sublimi mai concepite?”.
“La prospettiva di veri problemi è piccola ma reale – scrive l’editorialista del Guardian – alimentata tanto da un feticismo populista per la sicurezza e l’equipaggiamento antisommossa quanto da qualsiasi minaccia credibile. Per alcuni settori dei media e della classe politica, c’è spesso la sensazione che il disordine calcistico sia quasi voluto dalla brama e dall’incantesimo”.
La presenza dell’Ucraina “ci ricorda anche che questo è un torneo che si svolge ai piedi di una tragedia umana, in un momento in cui lo stesso progetto europeo – lo spirito del dopoguerra che ha dato vita a così tante istituzioni del continente – non è mai stato così contestato o diviso. E pochi paesi esprimono questo dilemma meglio della nazione ospitante, un paese a cui è sempre piaciuto pensare a se stesso come il cuore e i polmoni dell’Europa, la sua sala macchine e il suo centro morale”.
“In realtà, a parte i conflitti armati, solo il calcio ha ancora il potere di unire le persone in questo modo. Inoltre, in mezzo alle crescenti perversioni del gioco di club, alla crescente avidità e disconnessione, alle numerose corruzioni della Fifa, rimane nel cuore del Campionato Europeo un minuscolo nocciolo di qualcosa di puro, qualcosa che non può essere comprato e venduto da un fondo patrimoniale, qualcosa che non può essere spedito all’Arabia Saudita o all’America di Donald Trump. Non siamo uniti. Noi non siamo amici. Ma – e per ora basterà questo – stiamo tutti a guardare”.