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Il razzismo non è affare di Juan Jesus o di Napoli, riguarda tutti: una proposta per i calciatori di Serie A

Un documento – con prima firma JJ – in cui riprendono tutte le ultime vicende (ad esempio Maignan) e lo slogan: Keep Racist out

Il razzismo non è affare di Juan Jesus o di Napoli, riguarda tutti: una proposta per i calciatori di Serie A
Db Milano 14/01/2024 - campionato di calcio serie A / Milan-Roma / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Mike Peterson Maignan

Il razzismo non è affare di Juan Jesus o di Napoli, riguarda tutti: una proposta per i calciatori di Serie A

È assolutamente comprensibile la reazione del Napoli di dissociarsi dall’iniziativa della Lega e della Presidenza del Consiglio KEEP RACISM OUT.
Tuttavia, sarebbe sbagliato farlo per un semplice motivo: quanto successo domenica scorsa – e poi per tutta la settimana fino alla sentenza del giudice sportivo – non offende il Napoli, ma l’intero mondo del calcio e, direi, l’intera opinione pubblica italiana.
Una dissociazione individuale sembrerebbe avallare l’idea che sia stato penalizzato il Napoli, come se si trattasse di un rigore negato o di un cattivo arbitraggio.

Ma la vicenda di cui parliamo, invece, è molto più seria.
Non è un torto a una squadra di calcio e, direi, nemmeno soltanto a Juan Jesus.
È un torto a valori che dovrebbero essere universali, e anche al buon senso.

Per carità, la giustizia deve avere prove certe, anche se questo non è del tutto vero per la giustizia sportiva e, forse, altre strade potevano essere seguite per un migliore accertamento della verità, come scritto su il Napolista da Fabrizio Bocca.

Ma ciò che più disturba è il contrasto fra la verità giuridica, che va comunque accettata, e la consapevolezza collettiva che le cose siano andate come denunciato da JJ.

Consapevolezza dovuta alle scuse – poi rimangiate – di Acerbi; ma anche all’esclusione dello stesso giocatore dalle amichevoli dell’Italia e al comportamento molto riservato dell’Inter, prima e dopo la sentenza: della serie, ci è andata bene, ma ora non maramaldeggiamo e andiamo oltre.

Ciò che più disturbano sono le parole arrivate dal club Italia: il comunicato della Federazione, Spalletti, Gravina. E il Napolista ha fatto bene a sottolinearlo.

Ciò che disturba è lo stucchevole riferimento da parte di Spalletti e di Gravina al fatto che il giocatore interista sia un bravo ragazzo. È esattamente questo il punto: stiamo parlando di un pregiudizio così radicato che viene fatto proprio finanche dalle brave persone. Nessuno pensa che Acerbi sia un pericoloso delinquente. Ma per quanto concerne il fatto in sé, essere un bravo ragazzo e dare di ne*ro vuol dire che la sensibilità collettiva è ancora molto lontana da dove dovrebbe essere.

Dunque, mettersi in disparte e fare gli offesi finirebbe per far apparire la questione una delle tantissime querelle calcistiche. Mentre si tratta di ben altro.

Allora andrebbero pensate altre iniziative.

I calciatori di serie A di diversa etnia potrebbero scrivere loro un documento – con prima firma JJ – in cui riprendono tutte le ultime vicende (ad esempio Maignan a Udine) per sostenere che Keep Racism Out non deve restare soltanto uno slogan. Avrei anche un altro slogan con cui intitolare tale documento: KEEP RACIST OUT.

Sarebbe interessante vedere, ad esempio, un documento simile firmato da Thuram (che il suo punto di vista già lo aveva timidamente espresso in settimana), Dumfries ecc ecc

Inoltre, si potrebbero prendere le pettorine con la scritta Keep racism out, che tutte le squadre indosseranno nel riscaldamento del prossimo turno di campionato, e preparare dei meme facendole indossare a noti razzisti della storia cambiando – come appena proposto – soltanto la m con la t: KEEP RACIST OUT. Per la scelta del personaggio a cui attaccarle non c’è che l’imbarazzo della scelta. Casomai, anche qualche calciatore.

Ma su questo l’inventiva del popolo del calcio di certo non è deficitaria.

La questione essenziale è chiarire che non si tratta di un problema del Napoli, non è stata offesa una squadra di calcio, per quanto sia quella accompagnata in ogni trasferta da ingiurie razziste, ma la nostra comune sensibilità.

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