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«Fare il sindacalista non vuol dire dare sempre ragione ai calciatori, non vanno infantilizzati»

Il Fatto intervista il Ceo del sindacato inglese calciatori: «Lì vogliono essere trattati da adulti, essere attivi su razzismo, ambientalismo, tutto»

«Fare il sindacalista non vuol dire dare sempre ragione ai calciatori, non vanno infantilizzati»
Napoli's players celebrate after Nigerian forward #09 Victor Osimhen scored a goal during the UEFA Champions League round of 16 first Leg football match between Napoli and Barcelona at the Diego-Armando-Maradona stadium in Naples on February 21, 2024. (Photo by Tiziana FABI / AFP)

«Fare il sindacalista non vuol dire dare sempre ragione ai calciatori, non vanno infantilizzati»

Il sindacalista dei calciatori inglesi intervistato dal Fatto quotidiano.

Maheta Matteo Molango, 41 anni, è anche nel board della Sampdoria. Padre congolese e mamma ligure, svizzero di nascita, è il CEO del sindacato inglese calciatori dal 1° giugno 2021.

Il prototipo del calciatore della Premier?

Rispetto ad altri campionati, c’è maggior consapevolezza dell’appartenenza a una comunità legata al suo territorio. Il calcio in Inghilterra è profondamente radicato nel contesto sociale. Il giocatore vuole essere trattato da adulto. Vuole partecipare alle discussioni. Non vuole che passi tutto sopra la sua testa.

Maradona fu un pioniere.

Maradona lanciò messaggi importanti, ma appartiene a un’altra epoca.

Non è tutto rose e fiori, anche il calcio inglese ha le sue pagine oscure.

È vero, ma noi, quando possiamo, interveniamo. È accaduto, ad esempio, con tre elementi del Manchester United, Greenwood, Sancho e Anthony, protagonisti di casi diversi e in alcune situazioni, delicati (ci sono state anche accuse di molestie e violenza domestica). Li abbiamo richiamati alle loro responsabilità. Fare sindacato non significa dire ai calciatori che sono sempre bravi e buoni. Non vanno “infantilizzati”. L’inghilterra ha affrontato in modo serio la questione razzismo, ma negli ultimi anni c’è stata una recrudescenza di episodi.

Il problema si è spostato dallo stadio ai social.

Il taking the knee, l’inginocchiamento prima delle partite, è stato un momento di ulteriore crescita per l’ambiente, ma ha prodotto anche reazioni negative. Per fronteggiare la deriva social siamo riusciti a far passare una legge: online safety bill. Dà la possibilità, a chi viene insultato, di sporgere immediata denuncia.

Negli ultimi mesi è stato avviato il discorso della sostenibilità ambientale, discusso anche in un recente forum allo stadio dell’Arsenal.

Il dibattito è iniziato con i numeri dei viaggi aerei che sono aumentati con l’incremento delle partite. Stiamo partendo dal basso, sviluppando per esempio la pratica del car sharing. Invitiamo i giocatori che abitano vicini a usare un’auto in comune per recarsi all’allenamento. Abbiamo chiesto di fare attenzione all’uso delle maglie per diminuire i cicli dei lavaggi. Vogliamo ridurre il numero della plastica usando una borraccia personalizzata al posto delle bottiglie usa e getta. Tempo fa, ho visto un giocatore del Fulham in bicicletta con la sacca sportiva. Dalle piccole cose nascono grandi cose.

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