L’intervista allo “Spiegel”: «era nei servizi segreti, non poteva parlare del suo lavoro, diceva spesso che era troppo per lui»

«È stato difficile. Mio padre non ha lasciato una lettera d’addio, non c’erano spiegazioni. Ma il modo in cui si è tolto la vita ha fatto capire che era assolutamente sicuro della sua decisione». Così Julian Nagelsmann, ex ct del Bayern Monaco e ora allenatore della Germania, racconta del suicidio del padre in un’intervista a Spiegel.
Quando è successo, Nagelsmann era poco più che ventenne. «Ripenso spesso a quel giorno. Allora frequentavo un corso per allenatori a Oberhaching vicino a Monaco e lì presi la licenza C. E all’improvviso il direttore del corso mi ha chiese il piacere di uscire fuori». Lì fu accolto dal suocero, che gli diede la notizia.
Nagelsmann: «Ho pensato di dover rispettare la sua decisione»
«È stato davvero brutto per la famiglia, ma mi ha aiutato sapere che lui voleva davvero morire e non si trattava di un grido di aiuto o di un segnale. Ho pensato di dover rispettare tale decisione».
Suo padre faceva parte dei servizi segreti e non gli era permesso dire molto del suo lavoro. «Non gli era permesso parlare del suo lavoro. Questo era anche il motivo per cui diceva spesso che era troppo per lui. Non gli era permesso condividere le preoccupazioni del suo lavoro. Alla fine questo lo ha messo a dura prova».
«Avevo poco più di vent’anni e all’improvviso ho dovuto occuparmi della famiglia e sistemare tutte le polizze assicurative. Cose quotidiane a cui non pensi davvero a quell’età», ha detto Nagelsmann, «ho dovuto prendere decisioni serie, tra cui quella di dare il cambio a mia madre, che improvvisamente si è ritrovata a vivere in una grande casa senza il suo compagno. Con tutti i suoi ricordi».
Tutto ciò che ha imparato da questa esperienza, dice di averlo trasmesso ai suoi giocatori. «Credo di poter apparire autentico in questi momenti perché ho sperimentato molto nella mia vita».