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Noah Lyles: «Jacobs? Cambiare allenatore è stimolante, ma le novità al primo anno comportano rischi»

Alla Stampa. Sulla depressione: «gli atleti hanno capito che va affrontato il problema, ma non basta confessare le proprie paure al migliore amico»

Noah Lyles: «Jacobs? Cambiare allenatore è stimolante, ma le novità al primo anno comportano rischi»
A member of Italy's silver medal team, Italy's Lamont Marcell Jacobs (R) embraces USA's Noah Lyles (C) after the USA team win the men's 4x100m relay final during the World Athletics Championships at the National Athletics Centre in Budapest on August 26, 2023. (Photo by ANDREJ ISAKOVIC / AFP)

L’intervista di Noah Lyles, velocista americano, alla Stampa. Lyles si trova a Monte-Carlo dove la World Athletics lo ha premiato come uomo dell’anno.

In autunno diversi atleti hanno cambiato il proprio allenatore. L’opinione di Lyles:

«Succede spesso nell’anno olimpico, proprio perché è il più importante. Vuoi affrontarlo al massimo e se non ti senti più sicuro del progetto in atto, non importa quanto buono sia, trovi il coraggio per provare altro. Se perdi la fiducia vai, rivoluzioni. Specialmente con i Giochi in testa».

Quindi nessuno stupore per chi cambia allenatore in questo momento:

«Per Kerley sì, per gli altri no. Se ci ragioni ha senso: gli allenatori in Europa lavorano in modo molto diverso rispetto agli Usa. Prendete Dina Asher Smith, è arrivata a un livello pazzesco, in Europa, poi i suoi infortuni hanno iniziato a ripresentarsi e lei ha probabilmente pensato “è ora di variare”».

Per Lyles, anche Jacobs avrà fatto più o meno le stesse valutazioni:

«Rana Reider è davvero un ottimo coach, uno dei migliori e ha sempre gestito atleti di massimo livello il che dà quella convinzione che serve per certi salti. Reider usa metodi abbastanza simili a quelli del mio tecnico, Lance Brauman, e fa base in Florida, come noi. Credo che Jacobs abbia preso un’ottima decisione. Cambiare è stimolante, il problema è che il primo anno con un lavoro diverso è il più duro, comporta per forza dei rischi».

Noah Lyles è stato uno dei primi atleti a parlare di stress mentale e depressione:

«Abbiamo diffuso il messaggio, ma abbiamo stabilito come risolvere il problema? Non credo. Temo che molti atleti non trovino la giusta persona con cui lavorare su questo ostacolo, hanno capito che va affrontato, ma non basta confessare le proprie paure al migliore amico. E le figure professionali bisogna sceglierle bene».

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