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Vanoni: «Per Milano non sono niente. Da morta daranno il mio nome a una via: non mi interessa»

Al CorSera: «È una città isterica, per viverci bisogna essere nababbi. A Milano non si aggiunge un posto a tavola se non è previsto»

Vanoni: «Per Milano non sono niente. Da morta daranno il mio nome a una via: non mi interessa»
Sanremo (Im) 06-10/02/2018 - 68° Festival di Sanremo / foto Pamela Rovaris/Image nella foto: Ornella Vanoni

Il Corriere della Sera intervista Ornella Vanoni. Racconta di essere nata «ricca e annoiata».

«Stavo spesso nella mia stanza. Pensavo a quei fratelli e sorelle che crescono insieme e si tirano le cuscinate: forse è nata allora la mia malinconia».

Il gioco preferito della Vanoni era la campana.

«Campana, sul marciapiede sotto casa. Ma i miei non volevano che giocassi con i figli della portinaia».

Racconta i suoi genitori.

«Due persone borghesi, con un padre che ho amato molto, perché mi faceva tenerezza: c’era in lui qualcosa che non andava, poi ho capito che era depresso».

Il rapporto con Giorgio Strehler, sposato.

«Una cosa che faceva disperare i miei: la borghesia ha sempre visto il teatro come qualcosa di peccaminoso. Il parrucchiere mi diceva: “Non fare questo ai tuoi genitori”».

Gli amici? Vanoni:

«Passano gli anni e ti accorgi che sono conoscenti. Mi sono rotta il femore e solo Mario Lavezzi e Piero Salvatori sono venuti a trovarmi. E Stella Pende, la mia migliore amica. Sulla sorellanza ho delle riserve».

Spiega cosa manca alle donne per essere davvero sorelle.

«Lo sport, basta guardare i giocatori quando si abbracciano, condividono la gioia o l’insuccesso. Noi non abbiamo avuto il tempo di aggregarci, abbiamo passato gli ultimi 1000 anni a partorire».

Un sassolino da togliersi…

«Non trovo giusto che Milano non mi riconosca nulla. A Carnevale in città sfilano tre maschere: quella di Berlusconi, del cardinal Martini e la mia. Dovrò rappresentare o no qualcosa per la città?».

Cosa desidererebbe?

«Da morta daranno il mio nome a una via: non mi interessa. Vorrei occuparmi da viva di un teatro, come Renato Pozzetto, che è coinvolto nel Lirico. Oppure occuparmi delle carceri: a Bollate c’è un gruppo di detenuti che vorrebbe cantare». 

Le piace ancora Milano? Vanoni:

«No, è isterica. Per viverci bisogna essere dei nababbi».

Cosa è la milanesità?

«A Milano non si aggiunge un posto a tavola se non è previsto. A Roma sono più rilassati, anche se cinici. E c’è differenza tra ironia e sarcasmo».

Il periodo più malinconico?

«Quando sono andata via da Gino. E l’ultima storia».

La Vanoni e il sesso.

«Conta moltissimo ma deve essere fatto bene, sennò diventa triste».

La cosa più strana fatta? Vanoni:

«A Montecarlo sono stata a letto con uno sceicco e il giorno dopo gli ho mandato fiori. Lui nulla, per questo trovo
l’aneddoto spiritoso».

Oggi è una donna finanziariamente al sicuro?

«No. Ho aiutato molto e non me ne pento».

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