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Muriqi il figlio della guerra che a Mallorca ha dimenticato i fischi dei laziali

Su El Mundo. All’età di 4 anni, i serbi gli bombardarono casa. Perse il padre. Faceva il cameriere e giocava. A Mallorca ha avuto la sua seconda chance

Muriqi il figlio della guerra che a Mallorca ha dimenticato i fischi dei laziali
2022 - Uefa Nations League / Kosovo / foto Imago/Image Sport nella foto: Vedat Muriqi ONLY ITALY

Vedat Muriqi attaccante kosovaro che i tifosi della Lazio hanno contestato fino al dileggio; un giorno Sarri fermò l’allenamento e disse che avrebbe fatto uscire se avessero continuato a fischiare il centravanti acquistato per 20 milioni dal Fenerbahce. Intanto non lo faceva giocare, lui come Inzaghi. Anche se Muriqi, onestamente, ha sempre ammesso di aver fallito le occasioni che gli vennero date.

Oggi Muriqi è il centravanti inamovibile del Mallorca la squadra che domenica ha battuto il Real Madrid. Il gol non è stato suo ma è stato marcando lui che Nacho ha buttato il pallone nella propria rete con una parabola tanto inconsueta quanto beffarda.

El Mundo dedica un ampio ritratto a Muriqi che nel titolo viene definito «il figlio della guerra che lavorava come cameriere, e vale già più di Eto’o». El Mundo ricorda che non segna dallo scorso 9 novembre ma che inizialmente ne ha segnati otto (uno anche al Bernabeu).

Scrive El Mundo.

Il suo allenatore, Javier Aguirre, ha detto di lui: «È un insetto brutto e strano, quando lo vedi cambi marciapiede». Ma anche: «Non c’è modo di non amare il mascalzone. Ha un cuore grande così».

Ricorda il quotidiano spagnolo

che all’età di quattro anni ha visto i soldati serbi entrare a casa sua per dire loro che stavano per lanciare una bomba proprio lì. Sua madre ha iniziato a mettere i vestiti in una borsa, e ha detto a lui e sua sorella che stavano andando “in vacanza”. Un esodo verso l’Albania di cui ricorda “una carovana di automobili, vestiti stesi per strada, soldati e persone con magliette macchiate di sangue”. Erano, ricorda, “tempi difficili, quando i miei genitori soffrivano (…) Dicevo loro che avevo fame, e rispondevano che c’erano solo pane e latte” dato loro dai soldati tedeschi.

Suo padre morì giocando una partita di pallone con gli amici. Attacco di cuore. Di lui si occupò lo zio.

“Devi lavorare e aiutare la tua famiglia, mi diceva, e io gli rispondevo che volevo fare il calciatore, ma lui si arrabbiava o rideva, e mi diceva che in Kosovo non esiste”.

Ma la madre, per quanto possibile, provò ad assecondarlo. A 15 anni faceva il cameriere e giocava a calcio. A 17 anni andò a giocare in Turchia. Nel Fenerbahçe ha segnato 70 gol in più di 200 partite. Poi la Lazio. Quella mattinata con Sarri che lo protesse dai tifosi e la decisione che forse era meglio andar via.

Non aveva mai preso in considerazione la Spagna perché è

uno dei cinque paesi dell’Unione europea che non riconosce il Kosovo come nazione.

Poi ha cambiato idea. Lui, non la Spagna. Con i suoi gol (cinque) ha salvato il Mallorca dalla retrocessione.

E per il Maiorca ha finito per acquistarlo rendendolo il più costoso calciatore nella storia del club: 7,7 milioni di euro, più di Eto’O che venne pagato 7,2.

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