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Sgarbi: «I critici? Cortigiani. La stroncatura destabilizza i rapporti e oggi nessuno vuole seccature»

A La Stampa: «Il critico è un cameriere di pranzi allestiti da altri, a cui partecipa invitato per poi ricambiare alla mostra che curerà lui. Come un ufficio stampa».

Sgarbi: «I critici? Cortigiani. La stroncatura destabilizza i rapporti e oggi nessuno vuole seccature»
Db Milano 11/11/2014 - iniziative culturali della Regione per Expo 2015 / foto Andrea Ninni/Image nella foto: Vittorio Sgarbi

La Stampa intervista Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura. Il tema è: in Italia c’è ancora spazio per la critica? Sgarbi lo affronta con una delle argute stroncature per cui è diventato celebre.

«La critica ha tante forme. Può riguardare l’attualità, essere militante o indipendente, letteraria, cinematografica, d’arte, ma spesso soffre la schiavitù del mercato, dall’editoria ai premi. Esiste poi uno scambio tra chi recensisce e chi attende la critica».

Sgarbi continua:

«Una stroncatura destabilizza i rapporti e oggi nessuno vuole seccature. Inoltre, semplicemente non è ammessa perché indica l’alterazione del prodotto. Una volta attaccai la pasta Barilla e venni censurato da una sorta di tribunale dei consumi. Appresi con amarezza che un prodotto commerciale non può essere criticato. In realtà, poi sono nati spazi online come Tripadvisor per recensire alberghi e ristoranti».

E ancora:

«I critici sono in realtà degli uffici stampa o il loro prolungamento».

Sgarbi specifica ancora meglio:

«Il critico ora è un cortigiano. Un cameriere di pranzi allestiti da altri, a cui partecipa invitato per poi ricambiare alla mostra che curerà lui. Ci sono stati gli storici dell’arte, i critici dell’arte, i critici militanti, i critici indipendenti, i curatori e i curatori indipendenti. Questi ultimi si credono i migliori, ma sono i più schiavi di tutti. Non a caso gli artisti in voga sono sempre gli stessi da mostrare alle Biennali. Chi sta all’opposizione o ha grande personalità o viene emarginato».

A Sgarbi viene chiesto se i prossimi direttori dei musei saranno italiani o esteri. Risponde:

«Per quel che mi riguarda saranno di qualunque nazione. Sangiuliano, come per la lingua, è più favorevole agli italiani. Personalmente ho suggeriti che solo Uffizi e Scala vadano a due italiani. Sangiuliano pensa che almeno nove direttori debbano essere italiani, che ha anche una logica perché i dirigenti dello Stato in genere non sono stranieri».

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