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Rugby e depressione, l’esperto a Le Parisien: «Anche le commozioni cerebrali possono incidere»

Sono sempre di più i rugbisti che raccontano il loro malessere. Uno dei primi fu Bastareud: «Quando ne parlavo, 10 anni fa, pensavo di essere pazzo o strano».

Rugby e depressione, l’esperto a Le Parisien: «Anche le commozioni cerebrali possono incidere»
Roma 24/02/2019 - rugby torneo 6 Nazioni / Italia-Irlanda /foto Insidefoto/Image Sport nella foto: Abraham Steyn

Le Parisien si sofferma sui sempre più frequenti episodi di depressione che coinvolgono i giocatori professionisti di rugby, anche internazionali. In passato già Mathieu Bastareaud e Pascal Papé avevano lanciato l’allarme. Recentemente altri giocatori ne hanno parlato. Uno di questi, che ha preferito restare anonimo, ha raccontato al quotidiano francese il giorno in cui, tornato a casa dopo un allenamento, si mise a letto senza avere più la forza di alzarsi.

«Avevo appena sentito la mia ragazza che era tornata dal lavoro. Le ho detto che stavo male, che non volevo più tornare lì. Non sapevo cosa mi stesse succedendo, non avevo più voglia, non avevo più forza. Sono rimasto così per settimane. Mi ci sono voluti alcuni mesi e molte sessioni dallo strizzacervelli per recuperare la mia energia».

Un colosso che non aveva mai mostrato segni di debolezza fino a quel momento. Un fenomeno che non deve sorprendere, nel mondo del rugby, secondo Le Parisien.

“Sempre più giocatori di rugby professionisti sono soggetti a burnout o depressione. Molti rimangono nell’ombra, protetti dal segreto medico, rifiutandosi di rivelare quella che ancora viene considerata una debolezza. Altri, molto rari, lo raccontano”.

Uno di questi è Paul Alo-Emile, capitano dello Stade Français, in Top 14. E’ appena tornato sui campi dopo una lunga depressione di diversi mesi. L’ha raccontata in un’intervista a Midi Olympique.

«Un giorno mi sono quasi tolto la vita. Ho passato due mesi in ospedale. Amo mia moglie e i miei figli più di ogni altra cosa al mondo, ma questo male non mi permetteva nemmeno di vederli».

Nessuno è immune dalla depressione, scrive Le Parisien, per quanto sia bravo. Lo dimostrano i casi del capitano dell’Australia, Michael Hooper, che ha lasciato i Wallabies tutta l’estate scorsa per “proteggere la sua salute mentale”, o l’ala sudafricana Sibusiso Nkosi, campione del mondo con gli Springboks, riapparso dopo tre settimane dopo essere scomparso senza dare il minimo segno di vita al suo club di Pretoria, i Bulls.

“In Francia, stiamo solo iniziando a prendere coscienza del fenomeno. La Top 14 e la Pro D2 sono ben lungi dall’essere risparmiate. La commissione medica della Lega Nazionale sta approfondendo sempre più la questione”.

Le Parisien raccoglie le dichiarazioni di Meriem Salmi, psicologa-psicoterapeuta che segue da quasi trent’anni molti atleti di alto livello, soprattutto rugbisti.

«Oggi parliamo molto di più di questi episodi depressivi e disturbi d’ansia. Non è un caso unico del rugby, è comune a tutti i circoli d’élite».

Restando al rugby, la Salmi continua:

«Quando sei molto giovane, ti senti invincibile, poi si verifica il primo infortunio. Allora ci si rende conto che siamo vulnerabili. Le lesioni possono essere lunghe, come commozioni cerebrali che inoltre possono portare a uno stato depressivo. Il giocatore non sa se troverà di nuovo il suo posto, se manterrà la fiducia del suo allenatore. È un ambiente in cui tutti sono sostituibili. Alcune persone hanno un sorriso fino alle orecchie, ma questo non significa nulla».

L’ambiente è essenziale.

«La società si sta evolvendo, le richieste sono sempre più importanti, ci sono giocatori che sono meglio corazzati di altri per resistere alla pressione. Più difficile è il lavoro che fai, più devi essere accompagnato. Pascal Papé e Mathieu Bastareaud sono stati molto importanti in questo senso, perché sono stati dei pionieri. Sono stati i primi nel rugby a dire che stavano attraversando periodi difficili».

Proprio Mathieu Bastareaud, che nel 2009 fu ricoverato in ospedale per gravi disturbi psicologici, interviene sul tema.

«È molto bello che le cose si stiano evolvendo. Quando ne parlavo dieci anni fa pensavo di essere pazzo o strano. Non era la priorità allora. Se fossimo andati ad allenarci dicendo: ‘Non sta andando troppo bene mentalmente in questo momento’, ci avrebbero guardati e avrebbero detto: ‘accomodati di lato, grazie, ne prenderò un altro per giocare”. Quindi non se ne parlava. Puoi avere problemi a casa, infortuni, mancanza di tempo di gioco, ecc. Devi essere vigile. Non è facile prestare attenzione agli altri giocatori, perché devi già gestire te stesso».

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