ilNapolista

El Paìs: «Pelé si fece pagare 125.000 dollari per allacciarsi pianissimo un paio di scarpe Puma»

“Decenni prima che i giocatori capissero di essere l’asse portante del business, Pelé fungeva da marchio registrato. Li ha liberati da un sistema feudale”

El Paìs: «Pelé si fece pagare 125.000 dollari per allacciarsi pianissimo un paio di scarpe Puma»
2005 archivio storico Image Sport / Brasile / Pele' / foto Imago/Image Sport

Come aveva già sottolineato Emenuela Audisio su Repubblica, Pelé aveva talento fuori dal comune per il marketing. E’ stato un antesignano dello sport commerciale. Lo ricorda anche Santiago Segurola oggi su El Paìs.

“Da quando il calcio ha abbracciato il professionismo – scrive Segurola – i calciatori sono stati etichettati come privilegiati, una fama che per decenni non corrispondeva ai loro obblighi lavorativi, se legalmente potevano essere considerati tali. In Spagna, i calciatori non hanno potuto accedere alla previdenza sociale fino al 1979, anche se l’abolizione definitiva di questa norma di sfruttamento non ebbe luogo fino al 1985. Pelé da solo ha segnato un percorso che i calciatori hanno seguito tra pressioni, cattiva stampa e sentenze favorevoli ai loro interessi sindacali”.

Pelé, ricorda Segurola, ha fatto fortuna in un momento in cui lo stipendio settimanale massimo per un giocatore inglese era di 20 sterline a settimana (830 euro attuali). “Il suo acume imprenditoriale si è rivelato efficace quanto la sua magia in campo. Fondò quasi subito una società commerciale, che riuniva un’ampia varietà di attività. Ai Mondiali del 1970 in Messico, non esitò a rompere il patto firmato dai fratelli Dassler (uno Adidas, l’altro Puma) e si fece pagare di nascosto 125.000 dollari per una giocata magistrale, non con la palla, ma con le scarpette”.

“Pochi istanti prima dell’inizio della partita Brasile-Perù, Pelé chiese all’arbitro il tempo di allacciarsi correttamente le scarpette. Lo fece con una calma senza precedenti, sotto lo sguardo attentissimo del produttore televisivo, che si concentrò su un paio di scarpe Puma, generosamente pagate a Pelé per quella pubblicità non annunciata”.

Decenni prima che i giocatori di calcio capissero di essere l’asse portante del business, Pelé fungeva da marchio registrato, una società che firmò contratti milionari con la Warner per giocare nel New York Cosmos (sette milioni di dollari tra il 1975 e il 1978, 35 milioni di dollari di euro correnti), protagonista di film, indossando il logo Mastercard sulla maglia per 24 anni e presentandosi dalla fine degli anni ’60 come il principale claim pubblicitario della Pepsi Cola nel mondo”.

“Pelé, che è stato ministro dello sport negli anni ’90, non ha mai dimenticato il suo status di calciatore, né i benefici che poteva ottenere dal suo insegnamento. Come ministro dello sport, ha stabilito una legge che ha liberato il calcio e i calciatori brasiliani da un sistema feudale. Ha capito, prima e meglio di tutti, il valore supremo del giocatore nell’industria dello spettacolo”.

ilnapolista © riproduzione riservata