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Lizarazu: «Nel 98 la vittoria con l’Italia ci diede consapevolezza»

L’ex terzino francese: «La notte prima della finale non ho dormito. In genere mi caricavo con gli Ac/Dc ma quella volta misi musica yoga»

Lizarazu: «Nel 98 la vittoria con l’Italia ci diede consapevolezza»
Bildnummer: 00328774 Datum: 23.05.2001 Copyright: imago/Frinke Bixente Lizarazu (Bayern) mit dem Pott; Vneg, hoch, Freisteller, Pokal, Troph‰e, Jubel, jubeln, Siegesjubel, Champions League 2000/2001, FC Bayern M¸nchen, Finale, Endspiel, Sieg, Sieger, Europacupsieger, Mailand Stadio Giuseppe Meazza, San Siro Freude, Fuflball EC 1 Herren Mannschaft Italien Einzelbild optimistisch Randmotiv Personen Objekte

Bixente Lizarazu è stato intervistato da L’Equipe parlando della gestione della pressione nei giorni che trascorsi in attesa della finale di Francia ’98. L’ex terzino è partito ricordando il gol di Thuram che ha fissato il punteggio sul 2-1 battendo così la Croazia in semifinale. La consapevolezza di poter lottare per il titolo di campione del Mondo però nata dopo la partita vinta ai rigori contro l’Italia ai quarti di finale

«Quando siamo tornati a Clairefontaine, c’era euforia perché sentivamo che qualcosa ci spingeva ad andare oltre, partita dopo partita. Contro la Croazia erano i due gol di Thuram. Era l’eroe. Ciò che era cambiato molto a partire dall’Italia, in quarti, era che si faceva lo stesso cammino da Clairefontaine fino allo Stade de France. Prima non ci eravamo resi conto dell’effervescenza in Francia ed eravamo riusciti a proteggerci dalla pressione di giocare una Coppa del mondo in casa. Lì, ad ogni partita, c’erano sempre più persone sulla strada, fin dall’inizio a Clairefontaine. Si sentiva che la Francia ci guardava, che ci portava».

L’aneddoto su come fermare Ronaldo

«Quel giorno, eravamo in ritiro, abbiamo solo fatto scarico. Anche il venerdì non era una seduta importante e il sabato si era più sicuri della velocità, della vivacità. Per noi difensori, il Brasile era Ronaldo. Ognuno condivideva le proprie esperienze con lui, in un modo ultra tecnico, sulla sua potenza, la sua velocità, il suo controllo di palla, il suo modo di giocare con il suo corpo… Negli Occhi di Lizarazu, c’è una sequenza in cui si parla di lui con Desailly, Blanc e Thuram, la mattina della partita, ma è una discussione che abbiamo avuto più volte prima della finale. Avevamo un immenso rispetto per lui, ma c’era anche la leggerezza che ci ha portato a dissacrare il mostro che era. È stato un momento che ha creato solidarietà tra di noi, perché sapevamo che saremmo stati di fronte al miglior attaccante del mondo. Durante l’allenamento, non credo che abbiamo lavorato su qualcosa di specifico. Avevamo i nostri automatismi, ad esempio Desailly e io sul lato sinistro. Aveva trovato un’espressione per entrambi, ci chiamava “prima lama”, “seconda lama”. Anche in partita non mi diceva “Liza” ma “prima lama”. Mi piaceva! Diceva che eravamo complici. Se la prima lama non tagliava, la seconda lo faceva».

La notte prima della finale

Lizarazu rivela:«La sera prima della finale, non ho passato una bella serata. Prima di una partita, non avevo un sonno rilassato. Mi dicevo: “Oh… devo riuscire a dormire bene” e, di solito, facevo sempre una nottataccia. Fisiologicamente, le notti precedenti erano più importanti, ma mi annoiavo ed ero sempre un po’ scontroso al risveglio. Al mattino mi ricordo che ero già come un leone in gabbia, avevo voglia di combattere. Avrei voluto giocare alle 9 del mattino. È stata una giornata molto lunga ed è cominciata quando sono entrato nello spogliatoio. In genere mi mettevo in modalità aggressiva e passavo roba come AC/DC per essere in combattimento. Ma se mi sentivo eccitato, come quel giorno, ero più in modalità yoga con musica morbida, stretching, respirazione, per rilassarmi».

Lizarazu sulla sera della finale

«Poi la strada per lo stadio era stata meravigliosa, con tutti quei motociclisti che ci seguivano. È stato pazzesco, non so quanti ce ne fossero. In autobus, eravamo consapevoli che questa era l’occasione della nostra vita e che probabilmente non sarebbe più successo. Ma non ci ha schiacciati. È stato un mix di consapevolezza dell’evento e relax. Quel momento, nessuno ce lo avrebbe portato via. Quando siamo arrivati allo stadio, abbiamo sentito che Ronaldo era svenuto e abbiamo iniziato a parlarne. E poi, dopo un po’, qualcuno, non so chi, ha detto: “Va bene, Ronaldo, non Ronaldo, non importa, ragazzi, giochiamo contro il Brasile”».

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