Al Corsport: «L’avversario e l’andamento della partita non si possono trascurare. Con Ronaldo mai nessun problema, i problemi li risolveva»
Carlo Ancelotti, il Mondiale e il calcio. Come sempre, le sue parole – intervistato da Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport – sono un concentrato di saggezza e semplicità (qualità incredibilmente sottovalutata).
«Se sono cambiato? Certo che sono cambiato. Sono più elastico. Fino a poco tempo fa era difficilissimo che rivedessi sistema di gioco e strategia durante la partita. L’aumento delle informazioni, degli interscambi, dell’organizzazione degli avversari mi ha spinto a questo. Anche i giocatori si sono evoluti, sanno coprire più ruoli e zone del campo. Sono più duttili e se gli chiedi qualcosa di diverso sai già che non li metterai in difficoltà. Tempo fa lessi un’intervista a Viggo Mortensen: “La cosa migliore per un attore – disse – è essere flessibile, perché ogni regista è diverso e ogni ruolo è diverso”. Trovo che sia perfettamente adattabile a chi fa calcio. È finita l’epoca degli integralismi. Nei novanta io posso difendere a 3, passare al 4-4-2, al 4-5-1. L’avversario e l’andamento della partita non si possono trascurare».
Vinicius e le verticalizzazioni.
«Oggi Vini è molto più sicuro di sé, più convinto e la squadra lo sente e cerca. Lui e Mbappé hanno una caratteristica fuori dal comune. Chi li vede dal vivo fatica a credere che un calciatore possa avere quella esplosività e quella velocità di base».
«Io non mi vergogno di abbassarmi e ripartire, pur disponendo di giocatori di notevole qualità. Con gente come Vinicius e Mbappé, poi, se una volta rubata palla non cerchi la verticalizzazione sei un delinquente». E ride.
Difesa e contropiede non sono il passato?
«Sono attualissimi. Contano le interpretazioni, gli adattamenti, i tempi di esecuzione. Come ha detto il più grande di tutti noi, Mourinho: ho vinto tante partite in questo modo».
Infine Ronaldo, fa finta di non sapere. Sui venti minuti dice:
«Che ce voi fa’? Nel calcio tutto è possibile».
Per Cristiano si parla di last dance.
«Non lo so, lui probabilmente si sente ancora vent’anni perché sta bene, dal corpo ha le risposte che cerca. Ha sempre curato il fisico in modo quasi parossistico. La concorrenza però si è fatta dura, nel Portogallo uno come Leao parte dalla panchina».
Gestirlo è così complicato?
«L’ho avuto due anni, problemi zero. Anzi, me li ha risolti lui. Uno che segna almeno un gol a partita può essere considerato un problema? Cristiano si allena benissimo, è attento ai particolari, per me è stato fin troppo facile gestirlo. È un giocatore eccezionale».