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“Il primo Spalletti a Roma era un’altra persona: estroverso, non vedeva nemici ovunque”

Sul CorSport. Portava Totti in macchina, cenava con i giornalisti, offriva sempre lui. E tagliava gli alberi a Trigoria

“Il primo Spalletti a Roma era un’altra persona: estroverso, non vedeva nemici ovunque”

C’è una differenza sostanziale tra la prima e la seconda esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina della Roma. Fu soprattutto sostanziale il cambiamento vissuto dall’allenatore. Un cambiamento che oggi racconta il Corriere dello Sport, con tanti dettagli relativi alla vita del tecnico a Roma. Nel suo primo mandato romano, l’allenatore era estroverso, non vedeva amici dovunque. Il secondo, fu tutta un’altra cosa.

All’inizio, nel 2006, il tecnico girava per la Capitale in macchina e accanto a lui c’era spesso Totti.

“C’è stato un tempo in cui Luciano Spalletti girava per Roma a bordo di una Ford Ka scura. Quando si fermava al semaforo le persone faticavano persino a riconoscerlo e lo stupore raddoppiava o triplicava se, nella strada tra Trigoria e Casal Palocco, accanto a lui c’era Francesco Totti con il tutore dopo l’infortunio del 2006”.

Appena arrivato scelse di abitare a Trigoria. Si spostò a Casal Palocco solo quando lo raggiunsero la moglie e i figli. Spalletti pensava solo al calcio, a quei tempi. Andava poco a cena fuori e sempre negli stessi posti, frequentati anche da Totti.

“Perché Lucio – per gli amici romani “il pelato” – quello voleva fare: occuparsi solo della sua Roma. Poche cene fuori, quasi tutte da Checco dello Scapicollo, ristorante sulla Laurentina a due passi (senza traffico, s’intende) da Trigoria. I suoi amici “pitoni”, cioè i quattro fratelli Testa, proprietari del locale, erano amici anche di Totti: all’epoca non solo non era un problema, ma un vantaggio. Perché lì sia Francesco sia Luciano si sentivano a casa. E allora, tra una focaccia e un prosciutto con bufala, era talmente a suo agio da cenare anche con i giornalisti. Impensabile, anni dopo”.

Il secondo Spalletti era un altro

Dieci anni dopo, nel 2016, il tecnico appariva profondamente diverso.

“Chiunque lo incontrasse in quei mesi notava le differenze, anche se qualcosa era rimasta uguale. La passione per gli alberi, ad esempio, che ogni tanto tagliava personalmente a Trigoria con la motosega (per informazioni chiedere a Chivu o Manolas), oppure la generosità nei confronti dei dipendenti della Roma o dei tifosi. Non era possibile, con lui, offrire neppure un caffè: dal bar Casarola, su via di Trigoria (soprattutto panini e tramezzini), a Tomeucci, a viale Europa, tutti erano suoi ospiti”.

Il secondo Spalletti era un altro. Sentiva il rumore dei nemici, non andava più con piacere in giro per la città, si fermava anche meno a parlare con i tifosi. Per non parlare del peggioramento del rapporto con i giornalisti. Sentiva il peso della questione Totti sulle spalle, anche se continuava a frequentare uno dei locali preferiti dell’ex capitano.

“oltre a sentire ovunque il rumore dei nemici, sentiva, con piacere, anche il rumore del mare. Con molto meno piacere andava in giro per Roma, con molta meno voglia si fermava a parlare con i tifosi. I giornalisti? Neppure a parlarne. Si divideva tra l’Eur, dove aveva preso casa a due passi dal Fungo, e Corso Trieste, dove viveva uno dei due figli che si era laureato alla Luiss. La famiglia si era allargata con Matilde Romana che, nel nome, portava la città che era rimasta nel cuore di Luciano e Tamara. Tante cose erano cambiate: “il pelato” in primis. Sentiva sulle spalle il peso della vicenda Totti anche se, ironia della sorte, a cena andava da Assunta Madre, anche in questo caso uno dei locali preferiti di Francesco. Quando, invece, aveva voglia di scappare sceglieva il mare di Torvajanica: pasta ai frutti di mare e vino bianco del ristorante Schiano. Con Tamara e pochi, ma fidati, amici”.

 

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