Dotto: Spalletti è un geniale ossesso. Diffida della felicità, non sa godere delle vittorie
Sulla Gazzetta A Roma lo chiamavano Psycho. È un enigma anche per se stesso. È un samurai. È così, prendere o lasciare. De Laurentiis lo ha capito

Luciano Spalletti è pazzo, prendere o lasciare. Lo scrive Giancarlo Dotto sulla Gazzetta dello Sport tornando sull’atteggiamento assunto dall’allenatore del Napoli dopo aver rifilato un 6-1 all’Ajax. Si è presentato ai microfoni delle tv arrabbiato, come se a perdere fosse stato lui. Spalletti è così, avverte Dotto, che lo conosce bene. Non stava recitando. Il suo è “un cranio complicato”.
“Lui è così. Una testa tortuosa perché torturata. Diffida della felicità. Gli puzza d’imbroglio. Non sa godere delle vittorie. Sa bene che la vita non ti regala niente e che il lavoro di mesi può essere distrutto dalla cattiva stella di un giorno. Glielo insegna il piccolo mondo antico da cui non si è mai staccato, la campagna, il lavoro della terra, i cicli delle stagioni. Lui è come Sisifo. Il suo macigno? Arriva in piazze depresse, le rimette al mondo, ma poi lo contestano perché non è mai abbastanza mondo. È la sua maledizione”.
Semmai, se recita, lo fa, e anche male, quando sembra che tutto gli scivoli addosso. Spalletti è l’antitesi dell’ottimismo.
“Altro che ottimista. Altro che sole. Lucio è un enigma anche per se stesso. Non gli scivola niente addosso. Lucio non dimentica. Le custodisce tutte le sue ustioni. Potrebbe chiamarle una ad una, nome per nome. Troppo permaloso perché troppo permeabile”.
A Roma dava le craniate sul tavolo durante le conferenze stampa. A volte si ferma a fissare il vuoto o la punta delle scarpe.
“Lo stesso che, in piena trance da calcio giocato, che vinca o perda non importa, lo vedi che fissa il vuoto o la punta delle sue scarpe come un rettile autistico aggredito da improvvisa depressione. Lo chiamavano “Psycho” a Roma e gli hanno dato del “pazzo” un po’ ovunque. Spalletti è solo un geniale ossesso“.
Alla vigilia della partita con l’Ajax l’allenatore del Napoli aveva avvertito che in campo non ci sarebbero stati cervelli distratti. Il primo a non distrarsi mai è proprio lui, scrive Dotto.
“Il primo cervello mai distratto è il suo. Nulla lo distrae. Nemmeno le esuberanze di De Laurentiis che, infatti, sta imparando a rispettare questo suo allenatore samurai, devoto ai suoi calciatori più che al presidente”.
“Spalletti si è sempre sentito un diminutivo”, continua Dotto. Poi è andato a San Pietroburgo e ha vinto. E’ tornato in Italia smanioso di rivincita.
“Si sente forte e padrone, al punto di pestare la “merda” che tutti fin lì si erano guardati bene dal pestare. Allontanare da Trigoria il padrone di Trigoria”.
“Una vicenda che ne ha spolpato il sistema nervoso“.
Un anno e mezzo dopo ha replicato all’Inter con Icardi.
“Devi essere un vero kamikaze per capitare in due capitali del calcio come Roma e Milano e finire allo scontro frontale con i due capitani iconici (e le rispettive consorti)”.
Non è simpatico a tutti i tifosi e nemmeno ai giornalisti.
“Questo è Spalletti. Prendere o lasciare”.