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Schumacher il portiere dell’82: «Facevo in segreto il training autogeno, era considerata una follia»

Al Corsera: «Buffon decisamente più forte di Neuer. Persi il posto per un libro che scrissi. Donnarumma? Una stagione non basta»

Schumacher il portiere dell’82: «Facevo in segreto il training autogeno, era considerata una follia»

Il Corriere della Sera intervista Harald «Toni» Schumacher. Nel Mondiale 1982, era il portiere della Germania dell’Ovest, battuta in finale dall’Italia. Era l’11 luglio 1982. Il primo ricordo che gli viene in mente è il gol di testa di Paolo Rossi.

«Il colpo di testa di Paolo Rossi che portò l’Italia in vantaggio: che giocatore fantastico e che dolore per la sua morte».

Schumacher fu accusato di non aver voluto salutare il presidente Pertini. Spiega che in realtà fu tutto un equivoco.

«Non era mia intenzione quella di non stringergli la mano! Non ricordo nemmeno quel momento, forse ero ancora dentro a un tunnel mentale. Così fui molto felice di sapere dal nostro ministero degli Esteri che Pertini mi aveva invitato a Roma. Fu molto empatico con me, mi chiamava «piccolo». Mi abbracciò e mi fece sentire come un vecchio amico. È stato uno dei momenti più felici della mia carriera. Non voleva nemmeno sentire le mie scuse, parlammo solo della partita. Si accorse che ero un po’ distratto dalla traduttrice e mi chiese se volevo andare a fare una passeggiata con lei nel giardino: scoppiò in una risata di cuore e poi aspirò una lunga boccata dalla pipa».

In semifinale, invece, contro la Francia, lo definirono «il mostro di Siviglia» per il fallo in uscita che mandò in ospedale Battiston e che non fu sanzionato.

«Quell’episodio ha avuto un impatto su di me per anni. Non ho mai voluto fare male a Patrick Battiston. Uscii per prendere la palla, non avevo previsto che lui mi avrebbe anticipato con un pallonetto. Quando ero in aria non c’era modo di fermarsi, solo di provare a girarsi. Quando sono andato da lui, gli ho detto che ero molto dispiaciuto per non essere accorso a vedere le sue condizioni quando era a terra. Ha accettato le mie scuse e mi ha detto c’est terminé».

Cosa rappresentava per lei un collega come Zoff?

«La pura classe».

Il portiere più forte degli ultimi vent’anni è l’italiano Buffon o il tedesco Neuer?

«Neuer, decisamente. Anche per la sua modernità nell’interpretare il ruolo».

Di Donnarumma dice di essersi divertito a vederlo agli Europei ma aggiunge:

«un torneo brillante o una stagione non bastano. Devi sviluppare il tuo stile e le tue qualità e rimanere ad alto livello per un decennio».

Nel 1990 fu estromesso dalla Nazionale per aver scritto un libro che diede scandalo.

«Come mi disse il mio amico Rudi Voeller: ‘‘Se non avessi scritto quel libro saresti campione del mondo’’. Parlai apertamente di tutto, vendetti un milione e seicentomila copie, il libro fu tradotto in sedici lingue, ma fui cacciato dal Colonia e dalla Nazionale».

Nel libro si parlava di abuso di medicinali, doping, sesso, gelosie, corruzione.

«Molte delle mie idee vennero realizzate, come i controlli antidoping o i salari più alti per gli arbitri. E non ho mai dovuto affrontare una sola causa giudiziaria per il libro. Quanto al mio percorso, avevo fame di successo e volevo dare ai miei genitori una vita migliore. A 18 anni cominciai a lavorare anche sulla mente: il training autogeno nel 1972 era considerato una follia e lo dovevo fare in segreto. L’immagine fissa nella mia mente era quella della tigre: la palla era la mia preda».

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