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Piero Gros: «La Federazione rovinò la Valanga azzurra. Stenmark copiò da noi, ma poi ci fermammo»

Intervista al Corsera: «Lasciai a 28 anni, avevo famiglia. Senza sci avrei fatto il falegname. Goggia e Brignone sono forti ma devono smussare la rivalità»

Piero Gros: «La Federazione rovinò la Valanga azzurra. Stenmark copiò da noi, ma poi ci fermammo»

Sul Corriere della Sera un’intervista all’ex sciatore Piero Gros, tra i protagonisti della Valanga azzurra che negli anni ’70 vinse tutto. Oro nello slalom ai Giochi di Innsbruck ‘76 (valido pure per il Mondiale), ha vinto anche un argento e un bronzo iridati, oltre alla Coppa del Mondo generale e di gigante nel 1974. Si ritirò a 28 anni nell’82 e intraprese la carriera di commentatore prima e dirigente sportivo poi.

«Ero un predestinato? Diciamo che avevo talento. Sono stato scomodo? Lo divento sempre, se mi attaccano».

Berchtesgaden, 7 gennaio 1974: Gros, Thoeni, Stricker, Schmalzl, Pietrogiovanna. Una cinquina creò la Valanga Azzurra.

«C’era l’austerity, c’era la crisi come oggi. Ma adesso la percepiamo di più, c’è chi stenta ad arrivare al 27 del mese. All’epoca vivevamo la nostra passione: famosi, acclamati, benestanti. Restituimmo tutto con i risultati: creammo un gruppo vincente di 10-12 atleti, diventammo un fenomeno sociale».

Perché questa definizione?

«Perché eravamo il modello per 5 milioni di praticanti. Le squadre, un tempo ospitate, oggi pagano per allenarsi: è tramontato il concetto che il campione fa pubblicità gratis. Lo sci vale il 3% delPil, è uno scandalo come è trattato».

Alberto Tomba sarebbe stato da Valanga Azzurra?

«Avrebbe dovuto cambiare approccio. La Federazione l’ha tolto dal concetto di squadra. Magari sbaglio, ma Tomba non ha vissuto il clima che abbiamo avuto noi: sport vero, rispetto, unità facendo chiasso la sera, soprattutto con Stricker, un tipo da Zelig. Alberto si è isolato: credo che ai compagni non fregasse nulla di lui perché faceva quello che voleva».

Perché allora Tomba ha avuto successo?

«Perché oltre ai risultati è stato un personaggio: la gente vuole la stravaganza e non il Thoeni che parla poco».

Spuntò Ingemar Stenmark e la Valanga finì.

«Ingo, un fuoriclasse. Un atleta che si è affermato dal nulla, senza tante balle. Ha vinto 86 gare, io 12; ma in Svezia sono ancora popolare grazie alla nostra rivalità. È stato un vantaggio correre contro Stenmark, ma se guardo a come siamo finiti come squadra, entro nella polemica. Non fummo capaci di innovare, la base era ancora ottima perché lo stesso Stenmark ammise che ci copiava. Serviva solo un’evoluzione, invece cambiavamo allenatori e la situazione era la stessa. Nel 1976 Cotelli chiamò Alfons Thoma: ci litigai dal primo giorno. Il suo modo di fare disgregò la Valanga. Me la presi anche con Cotelli, quando sul Corriere scrisse che a Innsbruck avevo vinto perché Stenmark era caduto».

Piero Gros ha smesso a 28 anni: uno sbaglio?

«Nel 1982 arrivai sesto ai Mondiali senza skiman e allenatori ufficiali. E con sci rimediati. Mi sentivo scartato, proseguire così non aveva senso. Dissi al presidente Gattai che volevo 50 milioni di lire: avevo una famiglia, non ero più un allocco di 18 anni e i soldi servono a un atleta. Certe cose una federazione non può scordarle: la Fisi invece l’ha fatto».

Sull’epilogo della Valanga calò la tragedia di Leonardo David.

«Ho vissuto il suo dramma fin dalla caduta di Cortina, in azzurro eravamo compagni di stanza. Ci sono state troppe leggerezze, prima di tutto da lui e dalla famiglia: al processo l’ho detto. Leo ha sottovalutato la situazione e i mal di testa che aveva».

Che cosa avrebbe fatto senza lo sci?

«Il carpentiere o il falegname. Sono contadino e montanaro, presiedo un consorzio agricolo e mi occupo di alpeggi e pascoli per mantenere la tradizione della transumanza. Non voglio che vadano in rovina i luoghi dove il nonno e papà si spezzavano la schiena a falciare l’erba».

Come vede il nostro sci oggi?

«Le ragazze sono forti, ma Goggia e Brignone devono smussare la rivalità. E Bassino dovrebbe piantarla di sprecare energie nella velocità. Dietro di loro non vedo molto. Però il problema del ricambio è più serio tra i maschi: si lega anche ai costi alti, lo sci sta diventando sport per ricchi».

È vero che a volte usagli sci al contrario?

«Solo per cazzeggiare: io li metto così, vediamo se mi battete».

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