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Abbonarsi al Napoli non è un rito tribale ma un atto d’appartenenza che meriterebbe rispetto

Gli abbonati sono pochi e contano ancor meno. Forse la campagna abbonamenti non parte perché subordinata a un acquisto esca. Altro che manager moderno

Abbonarsi al Napoli non è un rito tribale ma un atto d’appartenenza che meriterebbe rispetto
Db Genova 29/08/2021 - campionato di calcio serie A / Genoa-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: striscione tifosi Napoli

In un momento come questo, minato da ragionevole inquietudine e gestito malissimo dalla società sul versante (non solo) mediatico, diventa quasi un dettaglio il silenzio tombale fatto calare sulla campagna abbonamenti. Mai annunciata e chissà pure se pianificata. Eppure un dettaglio, sia chiaro, non è.

Viene fuori da questa storia, ancora una volta, un atteggiamento di molesta strafottenza nei confronti dei tifosi, specialmente di quella fascia pienamente pensante che considera la formula dell’abbonamento non alla stregua di una modalità promozionale tipo supermarket, ma che in essa trova una via per alimentare le emozioni. La scelta di abbonarsi giunge ad implicare concetti impegnativi come adesione e appartenenza; di sicuro, innerva il rapporto con la squadra, più in generale col calcio. A qualcuno la cosa farà ridere, a moltissimi altri no.

Agli occhi del  manager cinico e pratico, che considera il pallone solo un ambito di affari e come pubblico ha a cuore quello dei diritti televisivi e basta, abbonarsi appare poco più che un rito tribale; mentre è atto che meriterebbe, secondo noi, rispetto e considerazione.
Se adesso qualcuno stesse cercando, come plausibilmente si legge e si sospetta da qualche parte, di subordinare il lancio della prossima campagna abbonamenti all’acquisto esca (ma Maradona è morto, purtroppo, e Neymar vuole troppo) da dare in pasto alla gente, bè quel qualcuno non solo starebbe ribadendo l’assenza di tatto verso la parte sana del tifo, ma rischierebbe pire di farci la figura del troglodita. Altro che “manager moderno”: queste sono strategie becere, populiste e retrive. Roba da anni Settanta, che alla fine sopporteremmo persino, a patto di riavere indietro anche tutta la parte sana di quel periodo lì (ivi incluse le partite alle 14.30 della domenica).
Gli abbonati, come già osservato qualche tempo fa, a Napoli sono trattati come una razza in via di estinzione, e non nel senso della cura e del rispetto relativi, no, ma in quello opposto. Come se si dicesse: tanto sono pochi, contano ancor meno e chi se ne frega. È un ragionamento sbagliato e supponente, ma non sorprende se rapportato ad una società impacciata nel comunicare e pianificare, oltre che poco capace di tenere vivo quel fuoco di viva passione che ha ereditato dalla storia ma che sta cercando, in nome del dio mercato, di soffocare.
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