Richarlyson: «Sono bisessuale, e allora? Nel calcio non se ne parla, comandano i tifosi organizzati»

L'ex giocatore brasiliano: «Non è questione di indossare la camicia arcobaleno, i giocatori devono uscire dal campo in caso di omofobia. I club vanno puniti»

richarlyson

L’ex centrocampista del Brasile e del San Paolo, Richarlyson, fa outing in una lunga intervista a Globo Esporte e dichiara di essere bisessuale.

«Per tutta la vita mi è stato chiesto se sono gay. Ho avuto rapporti con uomini e con donne. E allora? Ora tutti titoleranno: “Richarlyson è bisessuale”. Diranno: “Davvero? Non ne avevo idea”. Ma io sono un uomo normale. Sfortunatamente, il mondo non è pronto ad affrontare con naturalezza un tema del genere».

Richarlyson spiega perché ha deciso di dichiararlo pubblicamente.

«Il Brasile è il paese che uccide di più gli omosessuali. Stiamo parlando di calcio, ok, ma il calcio è una piccola impresa. Non so se le mie parole serviranno, ma forse possono aiutare o forse no. In fondo chi è Richarlyson? Sono un semplice cittadino comune, che ha avuto una bella carriera nel calcio, ma non sarò in grado di muovere le montagne in modo che questi crimini finiscano, in modo che l’omofobia nel calcio finisca».

Continua:

«Non ho mai messo la mia sessualità davanti al mio lavoro, e non lo farei mai. E non lo sto dicendo ora perché ho smesso di giocare. Non ho mai parlato perché non era la mia priorità, come non lo è oggi, ma oggi mi sentivo a mio agio per parlare».

Richarlyson ha un’invidiabile collezione di titoli in carriera, comprese due Coppe Libertadores ed una Coppa del Mondo col San Paolo, nel 2005. Della sua sessualità si è iniziato a parlare pubblicamente nel giugno 2007, quando l’allora manager del Palmeiras, José Cyrillo Júnior, dichiarò alla televisione nazionale che il giocatore era gay. Richarlyson lo denunciò, ma la sua denuncia fu respinta dal giudice che si occupò del caso sulla base del fatto che sarebbe irragionevole accettare gli omosessuali nel calcio brasiliano perché danneggerebbe il pensiero della squadra. Nella sentenza era scritto che il calcio era una cosa per maschi, non per omosessuali. Richarlyson commenta:

«Mi ha reso molto triste. Essere omosessuali non è colpa di nessuno e nel calcio non dovrebbe essere una questione così controversa. Per l’amor di Dio, quanta sofferenza c’è tra gli Lgbqia+?».

Sulla presenza dei gay nel calcio:

«Sarei ipocrita a dire che non esistono. Ci sono, sì. E se un giocatore dice che lo è le porte gli si chiuderanno davanti in modo assurdo. Perché c’è ancora questo lato, che penso sia così povero nei club, di essere nelle mani di tifosi organizzati, che sono quasi sempre quelli che comandano nel tema dell’omofobia».

Bisogna usare il pugno duro contro l’omofobia.

«Bisogna fare di più, punire il club, inquadrare i colpevoli e punirli, farli rimanere fuori dallo stadio per un anno, far pagare al club questa situazione, di essere stato omofobo. Solo allora andrà meglio».

Anche i giocatori dovrebbero prendere posizione sul tema.

«I giocatori stessi devono prendere una posizione migliore sulla situazione. Non si tratta di indossare la camicia con un arcobaleno. Si tratta di lasciare il campo quando si verifica un caso di omofobia. “Aspetta un minuto, i fan non rispettano il mio compagno di squadra o il mio avversario come essere umano? Allora io non ho intenzione di giocare di nuovo”. Ho amici ed ex compagni di squadra che hanno avuto momenti difficili nella sua carriera perché volevano essere chi volevano ma sono stati repressi dai loro club e persino dai loro tifosi».

Perché tanto, poi, alla fine della vita, non ci sarà più differenza di genere.

«Gli omosessuali spesso si vittimizzano troppo. No, sollevati, amico! Non sei diverso, no. Sei fatto di carne e sangue proprio come qualsiasi altro. Quando si muore, tutti si trasformano nello stesso teschio, nessuno si trasformerà in un teschio rosa o glitterato. Tu non sei diverso. Non devi sentirti diverso, devi sentirti felice».

Correlate