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Insigne ferito a morte. Bastano pochi giorni in Canada per dar ragione a La Capria

“Ho scelto Toronto per i miei figli”. “Chi resta sarà sopraffatto” scrisse La Capria nel suo capolavoro. E oggi ci tocca leggere che è stato cantore di Napoli

Insigne ferito a morte. Bastano pochi giorni in Canada per dar ragione a La Capria
Insigne a Little Italy di Toronto il giorno del suo arrivo (dall'account Twitter del Toronto Football Club)

C’è qualcosa che lega Massimo De Luca (il protagonista di “Ferito a morte”) a Lorenzo Insigne? Sono giorni confusi. Raffaele La Capria se n’è andato. La Foresta Vergine. Il bar Middleton che fotografa Napoli come neanche il miglior satellite potrebbe fare. Il bar Middleton:

«la conosci la differenza tra Pommerì e Veuve Cliquò?… A una a una vedevi assommare le facce conosciute, sotto il sole come pesci sotto la lampara. Col sole di febbraio, a via Caracciolo, da Middleton, lèvati cappotto e giacca e pare che già è venuta l’estate».

“Ferito a morte”. Per distacco merckxiano il miglior romanzo-libro-guida quellochevolete su Napoli. Ci è toccato leggere cose che a stento riuscivano a trattenere un livello troppo alto di acidità. La vita va così, si nasce Maradona e si nasce Benny Carbone.

La Capria e “Ferito a morte” sono sorgenti che dissetano. Oasi. E le parole di Domenico De Masi il più bel commento letto. Intellettualmente onesto. Finalmente. Ha riportato il pensiero di La Capria sul perché a Napoli gli intellettuali – propriamente detti – non possono esistere. La mollezza napoletana lo impedisce.

Parole che andrebbero scolpite nel cielo della città:

Secondo lui, Napoli non è una città veramente colta. Lo è accademicamente e istituzionalmente, con strutture universitarie che più o meno funzionano. Intellettuali come Pasolini, come Moravia, come Calvino, a Napoli non avrebbero spazio né possibilità di vita. Il vero intellettuale è critico della società in cui vive, deve avere il coraggio di non essere amato da tutti e di essere lontano da tutto ciò che è istituzionalizzato. Quell’intellettuale a Napoli non c’è. E non c’è perché gli mancherebbe l’acqua per nuotare: «Quando eravamo a Napoli Francesco Rosi, Patroni Griffi, Ghirelli, ognuno con le proprie ambizioni, Rosi voleva fare cinema ma aveva trovato solo un posto al catasto, nient’altro gli offriva Napoli. Un intellettuale del suo calibro, che aveva in mente Mani sulla città…». Quei pochi che più o meno si possono chiamare intellettuali, sono costretti a entrare nelle istituzioni che li castreranno di quella “tendenza a spiacere” che essi debbono coltivare se vogliono essere veri intellettuali.

La “tendenza a spiacere”. Napoli. Che poi è sempre il bar Middleton. Perché far prendere collera a qualcuno? Non si sa mai la vita che cosa ci prospetterà. Da noi Houellebecqu non può esistere. La Capria che in questi giorni viene contrabbandato per cantore della napoletanità.

La grandiosità di “Ferito a morte” è confermata dall’impossibilità di riprodurlo cinematograficamente. O lo si violenta, per codardia, o si rinuncia a tante, troppe relazioni. Uno svedese potrebbe girarlo. Paola Pitagora, su Twitter, giustamente segnala “Leoni al sole” delizioso film di Vittorio Caprioli, che di “Ferito a morte” cattura l’aspetto vitellonico. Con una sfavillante Franca Valeri negli abituali panni della milanese e un giovanissimi Philippe Leroy che interpreta Sasà.

Lorenzo Insigne, dicevamo. Proprio in questi giorni siamo stati catturati dall’Insigne canadese. Vederlo lì, sorridente, disteso, a Little Italy di Toronto, ci ha inteneriti. Quei tifosi sinceramente gioiosi, uno shock per noi ormai immersi nella bile calcistica spacciata per passione. Erano felici loro e sembrava felice Lorenzo. Come se si fosse liberato di un fardello. Emigrare gli sta facendo bene.

Tra l’altro, più trascorrono i giorni più è evidente che Insigne ha preso la decisione più intelligente tra i calciatori del Napoli in uscita. Non andrà a giocare in Arabia Saudita come pare farà Ospina. Né ha presentato richieste economiche lunari come Mertens che si ritrova spaesato tra l’idea che ha di sé e quella che ha di lui il mercato con richieste da Indonesia, Messico, al massimo Belgio.

E proprio ieri, nel giorno della morte di La Capria, Insigne ci è parso Massimo De Luca sul treno di ritorno da Roma. Da Toronto ha detto:

“È stata dura lasciare Napoli, ma è stata una scelta di vita soprattutto per i miei figli. Spero che qui avranno un grande futuro e tutti insieme possiamo crescere come famiglia”.

Napoli è così: o ti addormenta, o ti ferisce a morte. E ai nostri occhi Insigne sta assumendo le sembianze di un uomo al risveglio. A Napoli non avrebbe neanche potuto pensarlo, sarebbe stato processato in pubblica piazza.

Non si può resistere da soli a una Foresta, avrebbe risposto, lo sapevo già. Perdi tutto il tempo, tutte le energie a districartene, ti esaurisci così. Poi non hai le forze per fare nient’altro. Va bene allora avremmo messo una bella scritta al neon, grandissima, in cima al Vesuvio, così che ognuno potesse leggerla: CHI RESTA SARA’ SOPRAFFATTO.

Nel libro è scritto proprio così, in maiuscolo. E mentre notiamo che i cantori della napoletanità sono finiti in disparte nel commentare la morte di Dudù, pensiamo a Insigne che non è più sopraffatto.

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