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I 40 anni di Italia-Brasile 3-2. Quella parata di Zoff sulla linea e nessun accerchiamento all’arbitro

Lo splendido libro di Piero Trellini, un Grundig rosso, i 13 anni, il tifo per il Brasile che durò cinque minuti e al fischio finale l’applauso di Socrates

I 40 anni di Italia-Brasile 3-2. Quella parata di Zoff sulla linea e nessun accerchiamento all’arbitro

Oggi mi arriva inaspettato questo bellissimo regalo. Cerco su Google: 5 luglio 1982. Tra pochi giorni compie 40 anni la partita più bella della storia del calcio (copy #theguardian, e se lo dicono loro). Avevo 13 anni, ero al mare e avevo appena completato l’album Panini dei mondiali. La pagina del Brasile era così consumata che rischiava di staccarsi. Era la formazione dei sogni con Zico, Junior, Cerezo, Oscar, Socrates e quel Falcao per cui avevo scelto la Roma come squadra del cuore.

Erano le 5 del pomeriggio. Vidi la partita in costume e maglietta con i miei due fratelli in un piccolo televisore rosso della Grundig (che ancora oggi espongo in bella mostra su una mensola del mio ufficio). Lo confesso: al calcio di inizio parteggiavo per la Seleçao (a 13 anni quella maglia giallo oro aveva un fascino irresistibile), ma durò fino al 5′ quando Paolo Rossi la buttò dentro su cross di Cabrini. Quel momento (congelato nella foto di copertina del libro di Piero Trellini) ha segnato una generazione di appassionati e la seconda meritata vita di Paolo Rossi che divenne per tutti Pablito (ma questa è un’altra storia).

“Inizio partita: una palla brasiliana si spegne sul fondo azzurro, Eder, che nella vita si è infilato in un guaio dopo l’altro, le va incontro ugualmente, la raccoglie e la passa a Zoff. Collovati si infortuna e Serginho, altra testa calda, è in piedi a vigilare su di lui. Zico e Rossi cado­no in area, Socrates e Antognoni segnano in (vero e falso) fuorigioco, Oscar schiaccia sulla linea la palla fatidica: alzano tutti la mano per invocare un rigore o esultare per una rete. E non arriva nulla dall’arbitro. Ma nemmeno una protesta. Nessun accer­chiamento. Nessuna simulazione. Nessuna sceneggiata. I cinque goal si traducono in semplici esultanze. Lo stesso Waldir Peres porge a Rossi la palla che lo trafiggerà dopo pochi secondi. Al fischio finale, poi, undici azzurri alzano le braccia al cielo e il primo gesto compiuto da Socrates è un ap­plauso. Lo stesso che fa Luizinho quando vede Bearzot e Rossi abbracciarsi. Questo è il calcio dei miei dodici anni.” Anche dei miei Piero. Grazie per il racconto che ci hai regalato. Vi consiglio la lettura del romanzo e del libro fotografico uscito in questi giorni.

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