Al Foglio Sportivo: «Le sue squadre fanno un calcio stupendo, giocano per la porta avversaria e in questo lui ha saputo anticipare i tempi».
Il Foglio Sportivo intervista Aurelio Andreazzoli, tecnico dell’Empoli che quest’anno ha fatto penare un po’ tutti, sicuramente il Napoli.
«Questo mestiere non è solo preparare le partite e andare in campo. Avrai sempre a che fare con milioni di persone e, per questo, serve oggettività e coerenza, altrimenti ti smascherano. Penso mi apprezzino perché sono sempre me stesso e dico quello che penso».
Nel 2003 Luciano Spalletti lo chiamò a Udine come suo vice.
«Diciotto anni di battaglie nelle serie minori, poi arrivò la sua chiamata. Lì iniziai a sentire un odore particolare. A Udine e poi a Roma dove mi sarei misurato con l’alto livello e i calciatori importanti. Già vere aziende per i soldi che portavano a casa. Poi, però, i rapporti sul campo tornavano sempre all’origine e io, posso dirlo, non sono mai sceso a compromessi con nessuno».
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«Non conta soltanto arrivare primo, ma anche raggiungere degli obiettivi. Prendo Spalletti: ha vinto in Russia, riportato il Napoli in Champions League dopo averlo fatto con l’Inter, trascinato in alto la Roma che per anni è stata la più bella d’Europa. Le sue squadre fanno un calcio stupendo, giocano per la porta avversaria e in questo lui ha saputo anticipare i tempi. Luciano è un giochista che ha tracciato un solco e, già per questo, risulta vincente».
Andreazzoli sciorina i dati della stagione.
«Quest’anno abbiamo portato 14 giocatori in gol. 21 elementi della rosa sono scesi in campo almeno dieci volte dall’inizio. A inizio campionato, l’intera squadra contava circa 200 presenze totali in Serie A».
I giovani sono importanti.
«I giovani hanno la testa dura, per farli evolvere non c’è altra via che dargli spazio in campo. Io li allevo e poi qualcun altro se li gode. Dispiace solo vedere che c’è chi li usa per consacrare se stesso e la propria carriera, mettendo i giovani calciatori in secondo piano».