“Io battevo per fare la volée, non per gli ace. Le corde e i materiali hanno cambiato tutto. Persino l’erba di Wimbledon è più lenta”

Serve and Volley. Con le maiuscole. Una pratica che il tennis moderno ha ormai derubricato a arte per amatori: l’agonismo attuale, unito allo sviluppo dei materiali, ha di fatto abolito il gioco servizio e rete. A rete si va per chiudere un punto già costruito, non più per tattica arrembante. Ne parla in una bella intervista a Simon Cambers su ripresa da Ubitennis un maestro del S&V: l’australiano Pat Rafter. Uno che giocando così è stato numero uno del mondo e ha vinto due volte di fila gli US Open, nel 1997 e nel 1998. Solo Pete Sampras nel 2000 e Goran Ivanisevic l’anno dopo gli hanno tolto Wimbledon. Ma anche lì è cambiato tutto: l’erba, sopratutto.
“Se i tennisti diventano più imponenti fisicamente, più alti, più forti, cosa succede alle dimensioni del campo? E all’altezza della rete? Oggi mediamente siamo più alti di un metro e settanta, l’altezza di Ken Rosewall (1,70) e Rod Laver (1,73). Le corde hanno condizionato il modo in cui il gioco può essere interpretato, consentendo ai giocatori di generare potenza, ritmo e rotazioni, posizionati ben oltre la linea di fondocampo. Prima quando vedevi che il tuo avversario era lontano dalla linea di fondocampo, era logico prendere la via della rete per chiudere al volo. L’avversario al massimo poteva tentare un pallonetto difensivo. I ragazzi di oggi sono grandi atleti, atleti migliori di noi, e senza dubbio la tecnologia ha permesso loro di poter eseguire quei colpi da fondocampo”.
“Ho parlato con Goran Ivanisevic, e a quanto pare a Wimbledon si è seminato così tanto che l’erba cresce in verticale, non è semplicemente piatta e liscia. Le palle erano sempre pesanti a Wimbledon, ma il campo era veloce. Se si confronta il modo in cui il campo si usurava negli anni ’90 e si dà un’occhiata a come appare il campo ora, si potrà notare che è completamente verde in tutta la parte centrale del campo. Negli anni ’90, dopo qualche giorno di gioco, la parte centrale era già consumata all’altezza della sezione a T, dove si scendeva a rete, si faceva lo split step e si decideva se andare da una parte o dall’altra. Oggi non saprei come insegnare a qualcuno il S&V”.
Rafter è perfetto per parlare della questione perché ha terminato la carriera proprio mentre l’evoluzione del tennis era già in campo. Ricorda in particolare una partita:
“Ricordo di aver giocato con Gustavo Kuerten nella finale di Cincinnati. Faceva caldo e il campo era veloce. Ho perso sia il primo che il secondo set. Kuerten era posizionato a circa sei metri dalla linea di fondo, e continuava a snocciolare vincenti. Ricordo che tiravo grandi servizi in kick a uscire e scendevo a rete e mi chiedevo: che diamine succede? Presumo che sarebbe una situazione molto simile a quella odierna. Questa tendenza stava cominciando a prendere piede quando io ero alla fine della mia carriera e stavo per lasciare il tennis. Sarebbe davvero difficile immaginare come sarebbe andata la mia carriera con questi materiali. Penso che sarebbe stato orribile”
Per Rafter uno dei pochi che ancora oggi forse potrebbe giocare così è Pete Sampras: “Sampras era diverso. Non possedeva solo un gran servizio, ma era pure un grande atleta, quando voleva muoversi. Non era un tipico giocatore S&V, ma lo praticava con continuità. Penso che qualcuno come Pete potrebbe probabilmente farlo anche oggi”.
Ma Rafter dice un’altra cosa che forse è alla radice del problema: per giocare servizio e volée ci vuole tempo. Bisogna imparare tutte le sottigliezze tattico-tecniche che comporta. Oggi tempo non ce n’è:
“Sarebbe davvero interessante da vedere, ma il problema con il gioco S&V è che quando dici a un giocatore di 18 o 19 anni: ‘Bene, lavoreremo per i prossimi due anni sul S&V’, ci sono molte sfumature nel gioco da apprendere. Dove ti posizioni, dove colpisci, quanto forte colpisci il servizio per arrivare a rete in tempo, conoscendo i punti deboli dei giocatori che hai di fronte. Io servivo per giocare una volée, e non per piazzare un ace. Quindi non lo so. Forse un giovane non lo può imparare in due anni, lo impara a partire dai 14 anni, quando viene infilato regolarmente dai passanti degli avversari. E poi, quando raggiunge i 22 anni, si rende finalmente conto che questo è il modo in cui si gioca. Ecco il tempo che mi ci è voluto. Quindi, a meno che non si pratichi il S&V fin dalla giovane età… Ma fino a quando i campi non diventeranno di nuovo leggermente più veloci, non saprei dire quanto possa tornare in auge”.