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Spalletti sta lavorando a un Napoli con Insigne e non più di Insigne

Dopo anni di sbilanciamento a sinistra, a Venezia il Napoli ha giocato soprattutto a destra. E Insigne si è messo a disposizione del cambiamento

Spalletti sta lavorando a un Napoli con Insigne e non più di Insigne

Come si superano i limiti

Quando Luciano Spalletti ha detto che «la partita difficile è quella col Venezia, non quella contro l’Inter», sapeva di non essere davvero convinto delle sue parole. Eppure non vuol dire che il tecnico del Napoli abbia mentito al 100%: sebbene la rosa del Venezia abbia valori individuali – e quindi collettivi – non completamente all’altezza della Serie A, quella di Paolo Zanetti appartiene al gruppo di squadre che hanno tutto quel che serve per mettere in difficoltà gli azzurri. Per ridurre tutto a una frase: hanno un piano, sanno quel che devono fare col pallone tra i piedi. Magari non gli riesce sempre, per la questione di qualità di cui abbiamo appena detto. Ma almeno ci provano. E poi si chiudono a riccio quando devono difendere, senza però restare passive. Proprio perché il recupero del pallone, nel loro caso, significa poter iniziare una nuova azione.

È sempre presuntuoso accomunare squadre – e quindi realtà – che in realtà sono lontanissime tra loro, ma non è così sbagliato pensare che il Venezia appartenga dunque allo stesso gruppo di Spezia, Empoli, Verona. Non abbiamo sparato nomi a caso: sono tutte squadre che hanno tolto punti al Napoli proprio perché vanno oltre il concetto di difesa come pura e semplice meccanica di distruzione dell’avversario – come fa, per esempio, la Salernitana. Il fatto che il Napoli non abbia battuto certi avversari era evidentemente un limite. Venezia-Napoli, dunque, era candidata a essere essere una partita in cui la squadra di Spalletti avrebbe dovuto avere a che fare con i suoi limiti. È andata esattamente in questo modo. Solo che stavolta è andata diversamente. I limiti sono stati superati. E, soprattutto, è andata bene perché si sono viste tante cose nuove e diverse. Vediamo quali.

Il Napoli a destra

Per la partita di Venezia, Spalletti ha scelto di presentare un Napoli ibrido, una squadra di possesso con propensione verticale. Anche le spaziature scelte non sono state davvero fisse: il 4-2-3-1 disegnato in fase attiva si trasformava spesso in un sistema diverso, non declinabile secondo i numeri degli schemi classici, perché la difesa a tre e mezzo (composta dai due centrali, uno dei due terzini più Lobotka nello slot di pivote) diventava spesso a due, con Di Lorenzo e Mário Rui altissimi sulla linea dei centrocampisti; perché Fabián Ruiz e Zielinski si sono spesso alternati nel supporto a Lobotka e/o nella fase offensiva, rovesciando il triangolo di centrocampo; perché Politano e Insigne hanno giocato in due ruoli speculari, eppure ma hanno interpretato la partita in maniera diametralmente opposta.

In alto, Juan Jesus, Rrahmani e Lobotka portano il pallone in avanti con Mário Rui, Zielinski e Fabián sulla stessa linea, mantre Insigne si muove dietro Osimhen; sopra, invece, il Napoli imposta a due da dietro, con Zielinski più arretrato rispetto a Fabián Ruiz, Insigne stretto nella posizione di mezzala e Mário Rui a dare ampiezza.

Proprio quest’ultimo aspetto può segnare una svolta nella storia a breve termine del Napoli in quanto squadra, in quanto entità tattica. Perché Insigne a Venezia non avrà offerto una prestazione molto brillante, ma almeno ha mostrato grande disponibilità nei confronti di un sistema di cui non era un riferimento di primo livello. Il Napoli, infatti, ha giocato soprattutto a destra, sfruttando i rientri di Politano sul piede forte e il sostegno continuo di Di Lorenzo e Fabián Ruiz /Zielinski da quella parte. Dopo anni di asimmetria a sinistra, la squadra azzurra si è dunque ribaltata, ha provato e trovato nuovi meccanismi, li ha studiati e li ha messi in pratica. I dati, da questo punto di vista, sono eloquenti:

In alto, il bilanciamento offensivo del Napoli; sopra, invece, tutti i palloni giocati da Lorenzo Insigne. In entrambi i campetti, il Napoli attacca da destra verso sinistra.

Anche il gol di Osimhen è nato da quella parte, e proprio sfruttando l’ampiezza garantita da Politano, i movimenti di Zielinski e Di Lorenzo. È grazie a tuto questo che Politano ha avuto libertà di confezionare un crosso perfetto, poi ovviamente ci vogliono qualità, fisicità, anche una certa sensibilità tecnica per realizzare un gol come quello di Osimhen. Ma qui, in questo spazio, parliamo di analisi tattica più che tecnica, e allora non possiamo non sottolineare il fatto che questo gol sia il frutto evidente di un lavoro fatto in allenamento, fatto in profondità, di un cambiamento ormai sempre più palese. E che proietta il Napoli nel futuro.

Nasce e si sviluppa tutto a destra

In questa manovra, Zielinski, Di Lorenzo e Politano hanno fatto gli stessi identici movimenti fatti per anni da Insigne, Hamsik e Ghoulam dall’altra parte del campo. Non possiamo e non potremo saperlo, ma ci piace immaginare che l’infortunio a Lozano e la – conseguente – necessità di utilizzare Politano come laterale offensivo a destra abbiano già spinto Spalletti ad adattare il suo Napoli a una nuova condizione. A nuovi equilibri tattici, per cui è sconveniente avere due esterni d’attacco che giocano allo stesso modo e allora ha senso bilanciare i loro compiti: come detto, Politano a dare ampiezza e Insigne a fare altro.

Torniamo proprio all’analisi della partita di Insigne: anche nell’azione del gol si vede il capitano del Napoli che lascia la sua comfort zone e va a riempire l’area di rigore accanto a Osimhen. Sopra abbiamo visto come tutte le sue giocate siano avvenute in zone del campo più diverse e più varie rispetto alla stragrande maggioranza delle sue gare del passato. Oltre a questo supporto al centravanti nigeriano, Insigne ha occupato spessissimo lo spazio del sottopunta, alternandosi con Zielinski, e in alcune occasioni si è anche sovrapposto internamente nello spazio tra la fascia destra e la zona centrale; questa spiccata mobilità gli ha permesso di giocare moltissimi palloni (70: la quota più alta tra tutti i giocatori offensivi del Napoli) e di tirare per 3 volte verso la porta di Lezzerini, due delle quali proprio da destra, e non dalla sua solita mattonella.

Sembra un’azione banale, poco utile da inserire in una sintesi o in un’analisi tattica. Ovviamente non è così: quanti movimenti e quante percussioni del genere ha fatto Insigne negli ultimi anni?

Osimhen

Il punto è che tutte queste cose – nuove, importanti – che abbiamo visto a Venezia sono il frutto di un lavoro con un doppio obiettivo: costruire un Napoli a breve-lungo termine – con Insigne e non di Insigne, per Insigne, anche perché Insigne andrà via – e poi la gara contro il Venezia. Che, come detto, non rinuncia mai a costruire gioco, attua un 4-3-3/4-5-1 molto rigido, si difende tenendo un baricentro basso (addirittura a 33 metri in fase di non possesso) e allora è una squadra che deve essere mossa con un possesso veloce, con passaggi tra le linee ambiziosi, diretti. Anche se non è sempre facile. Anche se non è sempre possibile.

È per questo che Spalletti ha detto chiaramente che «il Napoli deve migliorare nel servire Osimhen». I dati, in questo senso, sono indicativi: Osimhen ha giocato pochissimi palloni (appena 29) eppure è il giocatore che ha tirato di più verso la porta di Lezzerini (4 tentativi). È stato servito poco, ma quel poco è bastato. Certo, su questa evidenza tattica pesa anche l’atteggiamento del Venezia, che non ha mai lasciato campo al centravanti nigeriano. Allo stesso tempo il Napoli è stato poco veloce nello sviluppo della manovra. Soprattutto nel primo tempo.

Anche in questo caso i numeri confermano le sensazioni: nei primi 45′, la squadra di Spalletti ha giocato 515 palloni contro i 403 della ripresa; dopo l’intervallo, inoltre, sono aumentati i passaggi lunghi (da 22 a 27) e sono diminuiti i cross (da 10 a 6). Questo vuol dire che gli azzurri hanno velocizzato la propria fase offensiva, rinunciando a un po’ di possesso puro in favore di manovre più ficcanti. Come al solito, sono i numeri a dire e fare la verità: i soli 2 tiri in porta del primo tempo sono diventati 4 nella ripresa.

Questo è un modo intelligente ed efficace per creare e trovare spazio in verticale

In realtà il Napoli sta già cambiando – di nuovo – anche da questo punto di vista. Spalletti ha detto quelle parole perché in allenamento avrà ricominciato a lavorare su una squadra in grado di soffocare il palleggio altrui con un pressing piuttosto accentuato, come si vede chiaramente dal video in alto. Sono queste le situazioni di gioco in cui Osimhen può risultare devastante – oltre alle corse in campo aperto. Ovviamente il ritorno di Koulibaly e Anguissa, due calciatori perfetti per impostare un piano-gara molto aggressivo, amplierà ancora di più le possibilità a disposizione del tecnico toscano. Ma, come detto, questo tipo di lavoro è già ripartito sui giocatori a disposizione in questo momento. Perché Spalletti sa che può dare molti frutti, esattamente come avvenuto a inizio stagione. Del resto, Osimhen è tornato. E va sfruttato.

Maestro Fabián

L’ultimo punto interessante dell’analisi tattica di Venezia-Napoli riguarda il nuovo (l’ennesimo) cambiamento di Fabián Ruiz. Il centrocampista spagnolo, lo ricorderete, ha iniziato la stagione giocando come pivote e regista mobile nel 4-3-3, come prima fonte di gioco accanto ad Anguissa e qualche metro indietro a Zielinski. I continui impulsi tattici di Spalletti, che ha continuato a lavorare sul sistema tattico della sua squadra senza subire l’emergenza-infortuni, piuttosto affrontandola come un’occasione per scoprire qualcosa di diverso, hanno riportato Lobotka in un ruolo centrale – non solo geograficamente. Al suo ritorno dall’infortunio, Fabián è tornato a giocare nello stesso ruolo ma con un calciatore diverso al suo fianco: non più Anguissa, una calamita di palloni che sa ribaltare velocemente l’azione, piuttosto un ragionatore come Lobotka. Ed è stato ancora Fabian ad adattarsi. Vediamo come:

In alto, tutti i palloni toccati da Lobotka; sopra, tutti i palloni giocati da Fabián Ruiz.

Come si vede chiaramente da queste due immagini, Fabián e Lobotka hanno giocato tantissimi palloni. Per la precisione: a Venezia, lo spagnolo è arrivato a quota 116; lo slovacco, invece, si è “fermato” a 114. È evidente, però, la differenza geografica e di concetto: oggi il Napoli ha un organizzatore di gioco che riceve e smista il pallone muovendosi su tutta la fascia centrale del campo, con buon dinamismo ma senza grande propensione all’inserimento – ovviamente stiamo parlando di Lobotka. E allora è Fabián ad assolvere le attribuzioni più offensive, ad assumersi questa responsabilità.

È Fabián a supportare, con i suoi movimenti a farsi vedere, i giochi a tre con i terzini (soprattutto a destra); è Fabián che si interscambia con Zielinski o si porta alla sua altezza, rovesciando il triangolo di centrocampo. Ed è sempre Fabián, soprattutto, il giocatore che più di tutti apre il campo ai suoi compagni, o almeno prova a farlo: ieri ha tentato per 10 volte il passaggio lungo. Solo la metà è andata a buon fine, ma si tratta di idee illuminanti, da maestro del gioco di posizione. Dell’ennesima evoluzione di un centrocampista ormai completo, maturo ai massimi livelli, probabilmente il migliore della Serie A per intelligenza e versatilità.

Conclusioni

Il fatto che un Napoli poco incisivo in attacco abbia dominato la partita e vinto 2-0 è un segnale forte. Significativo. Perché, come si evince da tutte le cose che abbiamo rilevato e raccontato, Venezia-Napoli è solo l’inizio di un altro ciclo in cui la squadra di Spalletti cambierà spesso faccia e abito, per provare a vincere le partite che dovrà affrontare. Per fare ciò che deve, vista la composizione ibrida del suo organico: essere solido dietro – il Venezia ha tentato 7 conclusioni totali, di cui ben 3 nel giro di otto minuti tra il 24esimo e il 32esimo – e trovare una chiave per poter forzare il sistema difensivo avversario.

In questo senso, il fatto che Insigne si sia messo a disposizione del cambiamento, cambiando in primis sé stesso, può essere interpretata come una notizia davvero promettente. Se davvero riuscirà a convincersi ed essere convincente anche in questo nuovo contesto, il Napoli avrà un’arma in più per essere ancora più difficilmente leggibile in fase offensiva. E per armare Osimhen – che come abbiamo visto anche allo stadio “Penzo” è sempre una buona idea.

Alla vigilia della partita contro l’Inter, che all’improvviso ha acquisito un significato molto diverso rispetto a quello che poteva avere appena un mese fa, il Napoli è diventato la squadra che avrebbe dovuto essere negli ultimi quattro anni: sempre ambiziosa, mai rinunciataria, non legata a una sola idea, a un solo spartito. Che è in grado di trasformarsi costantemente e che ha tante soluzioni per venire a capo delle partite. Non a caso, ha perso punti solo quando non ha potuto/saputo andare oltre il suo undici titolare. Ora quel tempo è finito, e infatti gli azzurri sono di nuova in corsa per il titolo. E non hanno ancora finito di esplorare il loro reale potenziale.

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