Un colpo micidiale alla credibilità del Cio. Solo in un mondo rovesciato un’agenzia antidoping sospesa di un paese squalificato per doping può gestire da sola un caso del genere
Sul Corriere della Sera Marco Bonarrigo commenta il caso Valieva. Il Cio si rifiuta di dare una medaglia alla campionessa russa, la più forte pattinatrice del mondo, perché si ostina a considerarla dopata, mentre il Tas ha deciso che può gareggiare. Bonarrigo chiama in causa Schwazer.
“Se Alex Schwazer fosse nato in Russia e se invece della marcia avesse scelto il ghiaccio (in fondo quando giocava a hockey se la cavava bene) nessuno gli avrebbe impedito di partecipare ai Giochi di Rio, lasciandogli il tempo di difendersi dalle accuse di doping a gare concluse, forse con una medaglia al collo”.
“Ma Schwazer non è Valieva: i 15 anni del fenomeno di Kazan la rendono forse non punibile, ma la positività resta e la sentenza di ieri ha inflitto un colpo micidiale alla credibilità del Cio. Solo in un mondo rovesciato può accadere che un’agenzia antidoping sospesa (Rusada) di un Paese squalificato per doping (la Russia) abbia potere assoluto nel gestire una fuoriclasse e dimenticare, tra le altre cose, di mettere il bollino «prioritario» d’obbligo sui campioni di urina per farli analizzare in tempo utile”.
Solo in un sistema sconvolto, continua, un laboratorio Wada impiega un mese e mezzo ad analizzare una provetta
per cui bastano due ore.
“E solo nello sport ci sono una normativa rigorosa in alcune discipline (come l’atletica) e lacunosa o peggio in altre e un Comitato Olimpico che dopo aver finto di cacciare la Russia viene ringraziato con il più perfido dei tradimenti”.
“La conseguenza più surreale è che se Valieva dovesse vincere, a lei e alle altre medagliate verranno negate le premiazioni: De Coubertin si rivolta nella tomba”.