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Ibra: «Oggi i calciatori non hanno bisogno di soffrire per emergere, con i social va tutto più veloce»

A L’Equipe: «Io ho dovuto lavorare sodo. In uno spogliatoio ci vogliono degli esempi. I francesi? Sono famosi per la loro arroganza, li ho rappresentati perfettamente».

Ibra: «Oggi i calciatori non hanno bisogno di soffrire per emergere, con i social va tutto più veloce»
Db Milano 19/12/2021 - campionato di calcio serie A / Milan-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Zlatan Ibrahimovic-Nunes Jesus Juan Guilherme

Zlatan Ibrahimovic si racconta in una lunga intervista a L’Equipe. Parla della sua età: ha 40 anni, ma si sente ancora giovane.

«L’età è una sfida. Sul campo mi sento giovane, perché la mia testa pensa veloce e, nel pensare, mi sembra di riuscire a fare tutto come facevo dieci anni fa. Ma poi il fisico deve seguire la testa, e non sempre lo segue. Questa è la vita, il corpo cambia. Oggi, l’obiettivo è quello di gestire il fisico. Dopo 35 anni, è il corpo che detta il programma».

Come si fa a mantenere la motivazione per alzarsi e allenarsi ogni giorno?

«E’ una passione e non l’ho mai persa. Sono fortunato a venire da una vecchia generazione, dove hai dovuto lavorare sodo, sudare, lavorare sodo per farti conoscere. La nuova generazione non ha bisogno di soffrire così tanto per essere vista. Con le piattaforme digitali, tutto va più veloce, tutto è più aperto, più disponibile. Prima, se non avevi giocato grandi partite nessuno ti guardava. Ho anche questa mentalità in cui devo sempre dimostrare di essere forte: ogni volta che scendo in campo, devo dimostrare quanto valgo. Non ho mai perso quella parte di personaggio».

Ti infastidisce incontrare giocatori che non hanno la stessa mentalità?

«Dipende: se sei nella mia squadra, mi faccio sentire. Se non sei nella mia squadra, peggio per te. Ma per quanto riguarda i miei compagni di squadra, quando non sono contento del loro atteggiamento, non ti preoccupare, lo sentono ogni giorno! Ci vogliono esempi da seguire, in uno spogliatoio, per i giovani. Quando ero giovane alla Juve, c’erano Vieira, Thuram o Nedved. Pensando a me stesso mi dicevo: se, con la carriera che hanno, funzionano così, devo lavorare almeno altrettanto».

Dici che i francesi sono arroganti, ma a te non piace l’arroganza?

«Dico solo che i francesi sono famosi per la loro arroganza. E mi hanno chiamato arrogante. Quindi dico che avrebbero dovuto essere orgogliosi, perché ho rappresentato la Francia perfettamente. Meglio dei francesi stessi, forse!».

Ti sei sentito molto criticato in Francia?

«Ma è normale, c’è Ibrahimovic che entra, con quel personaggio, con i soldi che guadagna, che parla come parla. Ma non mi dispiace. Quello che non voglio è essere criticato personalmente. Puoi giudicarmi solo come professionista. In Francia, ho pagato più tasse di tutti gli altri, quindi i francesi avrebbero dovuto essere felici di avermi».

Sulla sua esperienza al Psg:

«Ho portato lì le cose a cui ero abituato alla Juve o al Milan. Non mi sono adattato al PSG, era il contrario. Mi hanno detto: “Portaci al livello in cui vogliamo arrivare”. Ed erano molto attenti, Leonardo, Nasser al-Khelaifi, erano molto disponibili, volevano arrivarci».

Su Donnarumma, che al Psg vive la competizione con Navas:

«Mi stupisce molto. So che non è facile per l’allenatore, non conosco Navas ma è anche un grande portiere. Hanno due fenomeni. Nel mio mondo, Donnarumma è il numero 1, oggi. E non lo so se sia una buona cosa alternare le presenze. In ogni caso, sono abituato ad avere un portiere che è il numero 1 e che è sempre lo stesso. E su Donnarumma non c’è bisogno di discutere: è il più forte del mondo, e basta. Ho giocato con lui, so di cosa sto parlando».

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