Alla Gazzetta. «Quel poco che sono diventato lo devo a questo Paese. Di Cagliari amo la gente, l’aria pulita e il maialetto che se la gioca con la Picanha»

«Ho pensato di non giocare più. Mi ero perso.Mi allenavo a casa da solo e lavoravo per dimostrare la buona fede. C’è stata sempre Ale, ma anche il Cagliari. Quando mi hanno fatto capitano, mi hanno chiamato Di Francesco e il presidente Giulini. Sento una responsabilità enorme. Devo essere il portavoce e sono molto trasparente, pure con i tecnici»
Così Joao Pedro sul caso doping che qualche anno fa l’ha costretto addirittura a valutare il ritiro. Lo dichiara in un’intervista sull’edizione odierna della Gazzetta dello Sport. Nelle ultime settimane, dopo diverse stagioni molto positive, si è parlato insistentemente di una possibile convocazione dell’attaccante del Cagliari da parte della Nazionale italiana.
«È stato un colpo. Non me l’aspettavo. È come fosse nato qualcosa dentro. Tutti voi sapete quanto è forte il mio legame con l’Italia. Quel poco che sono diventato lo devo a questo Paese. Ho trovato Ale e sono nati i miei figli. L’Italia vale il Brasile. Sono già contento che si sia pensato a me. Anche se non dovesse succedere nulla»
Tra Joao e la Sardegna, oramai, un legame importante.
«Cosa amo di Cagliari? La gente, l’aria pulita, il maialetto che se la gioca con la mia amata Picanha, casa mia»