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Desalu, i 100 metri e l’amore per il cinema: «Non siamo “la nuova Italia”, siamo italiani e basta»

Su Repubblica. «A Tokyo è andato tutto in maniera inaspettata: lo stadio senza pubblico per la pandemia, e noi quattro con la medaglia d’oro»

Desalu, i 100 metri e l’amore per il cinema: «Non siamo “la nuova Italia”, siamo italiani e basta»
Tokyo (Giappone) 06/08/2021 - Atletica Leggera staffetta 4x100 mt / Olimpiadi Tokyo 2020 / foto Panoramic/Image Sport nella foto: Marcell Jacobs-Fausto Desalu

«Su un film ho plasmato le mie emozioni in vista delle Olimpiadi. È la biografia, guarda caso, di Jesse Owens: Race. Quando vedevo la scena di lui che usciva dal tunnel per entrare sulla pista di Berlino 1936, con la voce del pubblico sempre più forte e lo Zeppelin che volteggiava, immaginavo cosa sarebbe stato quel momento per me a Tokyo. È andato tutto in maniera inaspettata: lo stadio senza pubblico per la pandemia, e noi quattro con la medaglia d’oro».

Corre, eccome se corre, ma la sua vera passione è il cinema. Eseosa Fostine Desalu detto Fausto, il «terzo uomo» della staffetta di Tokyo, si è raccontato all’edizione odierna di Repubblica.

«Da quando ero bambino il mio sogno è fare il regista, non l’attore perché non mi piace stare davanti ai riflettori, sono un po’ introverso. Da ragazzino scrivevo sceneggiature. Luca Ward ha doppiato tantissimi personaggi della mia infanzia, è la voce del Gladiatore, di Neo di Matrix, la lista dei suoi film è infinita. Non sono nato come sportivo, come Paltrinieri, Tamberi, Tortu, che seguono calcio e basket. Io sono partito come amante del cinema, poi sono entrato nel mondo dello sport. Per me è bellissimo più che incontrare, che so, Cristiano Ronaldo, parlare di cinema con Luca Ward. Il Signore degli anelli, il genere fantasy, i film di Peter Jackson, Steven Spielberg, Quentin Tarantino: ma è pure difficile scegliere tra tutto quello che mi appassiona»

Il racconto della staffetta.

«Gli esperti hanno visto che era un cambio molto “schiacciato”, quello tra me e Tortu. Io non ho mai fatto la terza frazione, c’è sempre stato Davide Manenti e Filippo era tarato sul suo passo. Io sono arrivato molto veloce e lui non era ancora abituato. Abbiamo tempo per limare questi dettagli, sono sicuro che l’anno prossimo potremo fare il record europeo della 4×100. Manca poco (37’’36 dei britannici contro il 37’’50 di Tokyo, ndr). È uno schiocco di dita».

La curva, la rimonta. A molti è venuto in mente Mennea.

«Ho visto tante volte quella gara, ma anche l’oro di Berruti. Sono atleti che mi hanno ispirato, forse faccio bene la curva anche grazie a loro. Aver visto come correvano, la loro inclinazione. Penso che ci sia qualcosa di mistico in questo. Spero un giorno di avvicinare, e magari, chissà, superarlo il record di Mennea sui 200».

La 4×100 è sembrata la rappresentazione della nuova Italia.

«Ma io non parlerei nemmeno più di Italia multietnica: noi siamo italiani, è inutile dire italiani di seconda generazione. Il mondo va avanti. Come diceva Jesse Owens, neri, bianchi, gialli o mulatti in pista non esistono. Esiste solo più veloce e più lento. È il bello dell’atletica».

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