Tacopina: «Il calcio italiano è l’asset più sottovalutato in tutti gli sport»

L'uomo d’affari americano e proprietario della Spal a Forbes lamenta il modo in cui i club italiani gestiscono gli impianti sportivi, senza renderli usufruibili dai tifosi per poterne ricavare profitti

Tacopina calcio italiano

Non sono in tanti a conoscere Joe Tacopina, uomo d’affari americano che ha una grande passione per il calcio italiano, come dimostrato dal lungo elenco di partecipazioni con numerose società; ex dirigente della Roma, poi socio del Bologna, proprietario del Venezia in Lega Pro e oggi proprietario della Spal. Già in passato in una lunga intervista rilasciata al magazine francese So Foot, aveva dichiarato «Il calcio italiano è il prodotto sportivo più sottovalutato al mondo». Oggi il noto avvocato penalista statunitense a Forbes è tornato sull’argomento parlando di come ha individuato nel calcio italiano «l’asset più sottovalutato in tutti gli sport per il modo in cui è gestito»

Tacopina è rimasto colpito dall’incapacità italiana di sfruttare l’immensa passione dei tifosi per il proprio club con degli stadi adeguati dove possano mangiare un panino o acquistare dei gadget

«Il momento in cui la gente spende è quando va allo stadio»

E ancora lamenta i tempi della burocrazia italiana:

«Le cose si muovono più lentamente che in ogni altra parte del mondo che conosca»

Gli stadi dunque sono il punto principale anche per la sua Spal, come egli stessi ha dichiarato, avendo in programma di invetrire nella ristrutturazione dello Stadio Paolo Mazza, dove vuole migliorare l’esperienza dei tifosi aggiungendo bar, ristoranti e un museo.

Joe lamenta infine l’eccessivo potere dei procuratori, che in Europa percepiscono ingiustamente percentuali sia dagli assistiti che direttamente dai club finendo in conflitto di interesse.

«Gli agenti negli Stati Uniti rappresentano solo il giocatore, sono pagati solo dal giocatore e lavorano solo per il giocatore. In Italia, e in tutti i paesi europei, c’è il problema del club che deve pagare l’agente e il giocatore che deve fare lo stesso».

 

 

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