A Sportweek: «Non è vero che faccio spendere tanto. Ho sempre lasciato case con fondamenta ben costruite dove altri, dopo di me, hanno potuto continuare a vincere»
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Su Sportweek una lunga intervista ad Antonio Conte. Si porta dietro l’etichetta di uno che fa spendere moltissimo alle squadre delle quali occupa la panchina. Risponde così:
«Mi viene da ridere. Mi lasci dire che io nella mia carriera alla fine ho sempre fatto guadagnare, non spendere. Ho spesso lavorato con giovani da formare, atleti svalutati o da ricostruire, calciatori che fino a quel momento non avevano mai vinto. Tutti giocatori che si sono rivalutati, grazie al mio lavoro. In carriera ho chiesto solo un giocatore che è stato pagato tanto…».
Si riferisce a Lukaku.
«Lo chiesi in base agli obiettivi che mi erano stati presentati. I dirigenti dell’Inter vennero a casa mia a dirmi che volevano abbattere l’egemonia della Juve e portare l’Inter sul tetto del mondo, sfruttando grandi disponibilità economiche. Chiesi Lukaku ritenendolo fondamentale. Ma guardi anche a quanto è stato rivenduto: quasi il doppio. Come Hakimi. Ma potrei citare la valorizzazione di Barella, Bastoni, Lautaro, che prima del mio arrivo non giocava… Alla Juve ho avuto il piacere di lavorare con Barzagli, Bonucci e Chiellini: fenomeni, ma quando li avevo io ancora non avevano vinto nulla».
Dunque si porta dietro un’etichetta sbagliata?
«Voglio dire che dove vado costruisco sempre qualcosa di importante e quando vado via lascio un solco, una cultura del lavoro, una organizzazione e una mentalità vincente. Mi spendo totalmente, anima e corpo per il club per cui lavoro. Fedele a quel motto degli All Blacks: “Lascia la maglia meglio di come l’hai trovata”. Io ho sempre lasciato case con fondamenta ben costruite dove altri, dopo di me, hanno avuto la possibilità di continuare a vincere, chi di più, chi di meno. Non è presunzione, sono fatti».
Sulla differenza tra calcio inglese e italiano:
«In Inghilterra è tutto diverso, a partire dall’atmosfera intorno al calcio. C’è un entusiasmo eccezionale, impagabile. Negli stadi arrivi col pullman e i tifosi avversari ti salutano, ti applaudono o comunque non ti insultano. C’è maggiore rispetto e considerazione del valore di chi lavora e ottiene dei risultati. La mia esperienza al Chelsea era stata apprezzata dagli addetti ai lavori, dai media e dai tifosi. E infatti in questi mesi senza squadra il mio nome è stato spesso accostato ai club inglesi, segno di stima per il tecnico e per l’uomo».
Quanti margini di miglioramento ha ancora Conte?
«Non si smette mai di crescere, di studiare, di aggiornarsi, di trovare nuove soluzioni. Io studio calcio tutti i giorni. È la mia vita, la mia passione, il mio lavoro, la mia magnifica ossessione. Per restare al top non ci si deve sedere mai. Per rispetto verso te stesso e verso chiti cerca e ti paga».
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