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Ancelotti: «I titoli sono l’unità di misura dell’allenatore. Mai coltivato un’ideologia, meglio l’identità»

Al CorSport: «Ci sono due tipi di giocatori: quelli che fanno la differenza e quelli che devono correre. Il calcio così non sta in piedi. Giocatori e allenatori si ridurrebbero lo stipendio con una riduzione del calendario»

Ancelotti: «I titoli sono l’unità di misura dell’allenatore. Mai coltivato un’ideologia, meglio l’identità»
Mg Torino 31/08/2019 - campionato di calcio serie A / Juventus-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Carlo Ancelotti

Il Corriere dello Sport intervista Carlo Ancelotti, oggi sulla panchina del Real Madrid. Ex allenatore del Napoli, si sofferma sulla squadra partenopea e racconta la realtà madrilena.

«L’offerta del Madrid è stata una fantastica sorpresa, anche se non avevo mai perso i contatti con il club. Dipendesse da me resterei a vita, non esiste un posto migliore di questo per fare calcio e per vivere. Al Real è tutto così uguale e immutabile, l’unica cosa che cambia sono gli allenatori. Gli stessi fisioterapisti, gli stessi magazzinieri, gli stessi giornalisti, la stessa visione, la stessa urgenza di grandezza nonostante i danni finanziari prodotti dalla pandemia. Tra un anno, a fine dicembre 2022, sarà pronto il nuovo Bernabeu e per luglio Florentino ha intenzioni serissime».

Sulla Superlega, di cui Florentino è un irriducibile sostenitore.

«Il calcio deve cambiare e deve farlo in fretta. Per prima cosa bisogna ridurre il numero delle partite, si gioca troppo e male, la qualità dello spettacolo è precipitata, i giocatori non ne possono più, alcuni rifiutano la convocazione in Nazionale. Stanchezza fisica e mentale, uno sproposito di infortuni, partite che finiscono 10 a 0, è ora di dire basta».

Continua:

«Tempo fa ne ho parlato con Wenger. Sono sicuro che i giocatori sarebbero disposti ad abbassarsi lo stipendio se passasse la riduzione del calendario. Gli allenatori farebbero lo stesso. Oggi non siamo più i grado di lavorare e di incidere. Il calcio, così, non sta in piedi».

Da qui nasce l’idea di Superlega.

«L’idea della Superlega nasce proprio dall’esigenza di un cambiamento sostanziale».

Ancelotti è considerato un risultatista.

«Le vittorie, i titoli sono l’unità di misura dell’allenatore. Il profitto influenza tempi e carriere, è così in tutti i settori. Chiaro che giocando bene è più facile ottenere il risultato. Io diverto quando vinco. Ad ogni modo non mi ritrovo in alcuna sottocategoria. Il bravo allenatore è quello che adatta il gioco alle caratteristiche dei giocatori. Se ho Modric e Kroos non posso pretendere di fare pressing alto. Sarei un idiota se con un attaccante come Vinicius, che ha un motorino sotto i piedi, non puntassi sul contropiede. Ti faccio un esempio: se davanti ho Ronaldo studio il modo di fargli arrivare la palla, non gli chiedo di sfiancarsi con i rientri. Lo stesso con Ibra. I giocatori sono di due tipi: quelli che fanno la differenza e quelli che devono correre. Deve averlo detto Conte, e se non è stato lui va bene egualmente. Non ho ma coltivato un’ideologia. Il guardiolismo, il sarrismo. Il mio credo è l’identità di squadra».

Ancelotti è coinvolto nell’inchiesta Pandora Papers. Spiega la sua posizione.

«Non c’è stata evasione. Creai una società per gestire i diritti di immagine nel pieno rispetto del regime fiscale inglese che considera non tassabili i guadagni dall’estero. Quella società è stata sciolta, peraltro».

Si tratta di migliaia di euro, spiega, non di milioni e nega di aver mai fatto il nero.

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