Il boss della Liga: “Con Ronaldo i ricavi della Serie A dovevano aumentare, e invece… i grandi broacaster si fissano sulla competitività, non su due giocatori”
Non Ronaldo, non Messi. Se il calcio vuole attrarre investimenti deve puntare sulla competizione. Il presidente della Liga Javier Tebas, intervenuto a margine del World Football Summit, ha detto che i grandi nomi ormai non portano i grandi capitali. L’esempio? Ronaldo in Serie A.
«Da anni preparavamo una strategia per quando non avremmo più avuto questi grandi giocatori. Con Ronaldo l’Italia sembrava che dovesse far crescere i ricavi da diritti tv, mentre in realtà le offerte sono state in linea con quelle del ciclo precedente. Non abbiamo ricevuto neanche una chiamata dai broadcaster sugli addi di Messi e CR7, i grandi broacaster si fissano sulla competitività, non su due giocatori. In Liga ci sono grandi giocatori, bisogna guardare il collettivo e non credo che l’addio di Messi ci farà un danno così grande. Magari al Barcellona, ma non a noi come competizione».
Il tema è ovviamente economico (“ma non per l’addio di Messi, credo che sia stato un tema molto meno economico di quanto appare”).
“Con la nuova Champions il mio auspicio è che con più partite a livello internazionale non si produca un travaso di soldi dai club che giocano in campionato ai club che giocano le coppe. Maggiori ricavi? Non bisogna dare più soldi ai club che giocano le coppe per pagare ancora di più giocatori che guadagnano già moltissimo, perché altrimenti si producono distorsioni a livello dei mercati nazionali”.
Tebas si è detto contro il Mondiale ogni due anni:
“Un Mondiale ogni due anni romperebbe l’ecosistema del calcio attuale. E’ una autentica pazzia, e non è vero che i tifosi preferiscono i Mondiali ogni due anni, ma lo vogliono ogni quattro anni, non so se le domande siano state poste correttamente. Non è possibile che si costruisca il calcio su un 10% di giocatori che vanno a questa competizione, con l’altro 90% che rischia di vedere influenzata la propria vita e carriera da questa cosa. Non si deve lavorare per un calcio d’elite, ma per un calcio globale”.