“Il mio bisnonno ha abbandonato il nonno, mio nonno mio padre, lui me: è una specie di tradizione. Io dovrei spezzare il meccanismo, ma ho fatto lo stronzo come mio padre”
Ci sono vari passaggi nella bellissima intervista – quasi un flusso di coscienza – che Marcell Jacobs ha concesso a Massimo Gramellini per Sette (l’inserto del Corriere della Sera) che richiamano l’importanza della testa e delle dinamiche familiari nella vita e nei successi di un atleta. Nel racconto del pre-gara della finale olimpica Jacobs chiama più volte la sua mental coach a Roma, per ottenere da lei delle “soluzioni” a problemi irrisolvibili tipo “non riesco a dormire” oppure “sono troppo stanco”. Ma c’è soprattutto il richiamo alla vicenda del padre assente – più volte venuta fuori dopo l’oro a Tokyo – che lo stesso Jacobs descrive quasi come una maledizione intergenerazionale:
«Dopo la mia nascita era andato in una clinica di recupero per militari come lui. Aveva detto a mia madre: “Tu torna in Italia che io ti raggiungo”, invece è sparito. Il mio bisnonno ha abbandonato il nonno, mio nonno mio padre, lui me: è una specie di tradizione di famiglia. Il primogenito deve sempre essere lasciato. Io dovrei spezzare il meccanismo, ma per ora non ci sono riuscito. Jeremy, il mio primo figlio, mi è capitato: ero un ragazzo e l’ho vissuto malissimo, come chi sta facendo una cosa per altruismo, ma controvoglia. Non vorrei essere stronzo come è stato mio padre, ma alla fine sostanzialmente sto facendo più o meno quello che ha fatto lui. Rispetto a Anthony e Megan, i bimbi che ho avuto da Nicole, con Jeremy non ho un legame forte perché non ci ho mai vissuto. Quando vado a Desenzano lo vedo, ma non sono un padre presente».