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Il tema della Leotta sul CorSera: «Ho capito che anche le donne possono imparare a fare gruppo»

Cairo affida a lei il commento per il convegno “Il tempo delle donne”. Ovviamente nel tema il gruppo non c’è, c’è solo lei e un bel po’ di luoghi comuni

Il tema della Leotta sul CorSera: «Ho capito che anche le donne possono imparare a fare gruppo»
Db Milano 21/08/2021 - campionato di calcio serie A / Inter-Genoa / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Diletta Leotta Dazn

Sul Corriere della Sera un commento di Diletta Leotta sulla forza delle donne. L’occasione è offerta dal Festival “Il tempo delle donne”. Utilizzando un tono che definiremmo, benevolmente, scolastico, la Leotta prova a rispondere all’accusa spesso rivolta alle donne di non saper fare gruppo: attribuisce questo aspetto femminile al fatto che le donne sono

“sempre state abituate a dover dimostrare il nostro valore, a dover difendere il nostro io. Questo ci porta a essere più competitive e meno rilassate quando interagiamo con un gruppo, perché abbiamo paura di non essere riconosciute all’interno di un ‘noi'”.

Racconta la sua esperienza, quando ha capito di saper fare gruppo. Si può imparare a farlo, dice. E già fa nascere la curiosità su com’era il prima di impararlo, di cui nel racconto non c’è invece traccia.

Ma a fare gruppo si può imparare. A me è successo quando ho iniziato a lavorare in un vero team, confrontandomi con persone diverse e sperimentando in prima persona che l’equilibrio fra le competenze di tutti genera forza e porta a un risultato migliore. Io, nel gruppo, porto la forza della preparazione: studio molto, mi sento sicura solo se ho tutto sotto controllo. Ho cominciato a ragionare così all’università, ogni esame per me era una sfida da superare e sul lavoro ho portato lo stesso approccio. Questo paradigma — impegnarsi, anche con sacrifici, per emergere — è anche quello che ammiro del lavoro delle grandi donne che seguo: non ho mai preso ad esempio particolari modelli, piuttosto ho fatto mio un certo tipo di percorso. Però attenzione: va bene l’impegno, il sacrificio, la preparazione. Ma secondo me la forza, sia per il percorso individuale sia per quello del gruppo, deve avere anche altre componenti altrettanto importanti: la voglia di confrontarsi con gli altri, la capacità di non prendersi troppo sul serio e di saper ridere, l’empatia”.

Un coacervo di luoghi comuni, tra l’altro nemmeno scandagliati o confutati, semplicemente messi in linea uno dopo l’altro, tanto da provocare quasi l’orticaria. Orticaria che diventa una vera e propria esplosione quando arriva l’immancabile accenno alla debolezza privata, come se fossimo in un romanzo rosa Harmony, come se fossimo tutte delle grandi e immense Rossella O’Hara. Ovviamente, la Leotta debole è quella che si vede solo nella vita privata, fuori si mangia il mondo

“quando si chiude la porta di casa alle spalle, lascia fuori anche la sua corazza e la voglia di mangiare il mondo e si ritrova da sola, con le sue fragilità. Non serve a niente nasconderle, perché ho capito che è proprio il fatto di riconoscerle e affrontarle a farci maturare e crescere, rendendoci più forti”.

Un tema che lascia l’amaro in bocca: non si sa dove e quando la Leotta ha scoperto che si può fare gruppo, né se si riferisca al fare gruppo con uomini o donne, visto che il mondo del calcio da lei frequentato per lavoro pullula di uomini ma le donne scarseggiano. Il gruppo, nel tema della Leotta, insomma, proprio non c’è. Non ci sono proprio le donne. C’è solo lei. Se poi stiamo ancora ferme al fatto che bisogna riconoscere le proprie debolezze, signore, non è nemmeno possibile dare un voto all’elaborato.

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