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Beppe Vessicchio: «Da giovane ero molto hippy. Mio padre temeva appartenessi alle Brigate Rosse»

A Il Fatto: «Prima di entrare a Sanremo Gianni Morandi era avvolto dall’ansia. Baudo era maniacale. Mia Martini quando cantava guidava tutta l’orchestra, anche le mie mani»

Beppe Vessicchio: «Da giovane ero molto hippy. Mio padre temeva appartenessi alle Brigate Rosse»

Su Il Fatto Quotidiano una splendida intervista a Beppe Vessicchio, mitico maestro d’orchestra il cui nome è legatissimo al Festival di Sanremo.

«Ho solo attraversato gli anni e le generazioni e non mi sono mai tirato indietro davanti alle novità. Poi ho affrontato tante edizioni mantenendo la mia barba e la mia capigliatura».

La barba lo accompagna da tanti anni. Da giovane, racconta, era una specie di hippy.

«Dal punto di vista dell’immagine ero molto hippy, con la fascetta nei capelli, quasi ai margini del perbenismo sociale. I miei erano preoccupati; erano gli anni dell’eversione: a un certo punto mio padre temette che appartenessi a gruppi come le Brigate Rosse. Ovviamente si sbagliava, scappavo solo per suonare. Non ero uno scapestrato. Ero un amante della natura, ero un figlio dei fiori».

Racconta gli stimoli musicali che c’erano a Napoli in quegli anni.

«Stimoli spaventosi: gruppi rock, etno-rock, poi c’erano Pino Daniele, Napoli Centrale, Eugenio ed Edoardo Bennato, Teresa De Sio, Carlo D’Angiò; era un lievito potentissimo. Ero legato ad Eugenio: era uno sperimentatore, un folle, cambiava sempre idea».

Su Pino Daniele:

«Il genio era lampante. E’ stata la persona in grado di raccogliere tutti gli umori e le sperimentazioni del periodo; il genere che Pino ha magistralmente portato avanti già esisteva con Enzo Avitabile, ma lui ha captato le forze, le ha coniugate e rese vincenti; il suo primo disco ognuno di noi lo ha comprato e ascoltato attentamente».

Recentemente James Senese ha dichiarato che Pino Daniele non era molto amato.

«Qualche invidia è scattata, ma poi tutti sono stati costretti a riconoscere la sua maestria, anche come interprete».

Parla del Festival, racconta che tanti artisti lo vivono con il terrore negli occhi, come fonte di stress.

«Ho sentito le mani ghiacciate di persone che hanno sempre mostrato grande sicurezza. Ho visto la tensione anche in Gianni Morandi: lui che è il più navigato, che non stona neanche se gli dai una martellata, prima di entrare era avvolto dall’ansia».

Non stonava mai neanche Mia Martini.

«Ne La nevicata del ’56, con la sua voce e la sua espressione, ha guidato tutta l’orchestra, anche le mie mani erano mosse da lei. Impressionante. Non mi è più successo; nessuna artista è stata più trasversale di Mimì; (ci pensa) di Mina non possiamo dirlo, si è eclissata da troppi anni».

Il conduttore più preparato di Sanremo?

«Ho visto Pippo Baudo sistemare i vasi dei fiori all’ingresso dell’Ariston. Come lui nessun altro; a Roma era presente anche alle prove dell’orchestra, a sottolineare la totale immersione nel Festival; un anno ha corretto pure il finale di Con te partirò di Bocelli, e in altri casi ha cambiato introduzioni troppo lunghe dei brani».

E indica l’artista dal cui confronto è uscito più arricchito.

«Lucio Dalla: quando è venuto a mancare ho pensato “e ora chi mi stupirà?”. Lui ha sempre cambiato, non si è mai ripetuto, altrimenti si sarebbe annoiato. Aveva un’apertura mentale non comune».

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