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Non è il Torino, è Sparta

Prosegue sulla Gazzetta di Cairo il racconto enfatico del ritiro granata, diventato ora meta di pellegrinaggio per “allenatori da tutta Europa”.

Non è il Torino, è Sparta

Chiediamo venia: abbiamo sottostimato la portata epocale del fenomeno Torino. Santa Cristina Valgardena si sta trasformando in una Woodstock del calcio testosteronico. Niente peace&love, però. Piuttosto sangue&3-4-1-2.

L’inviato embedded della Gazzetta dello Sport  scrive – testuale – che “così Juric immagina il suo Toro, e verso questa direzione ha impostato le coordinate di un viaggio. La meta è un calcio moderno, affascinante, a tratti avvolgente. Che stuzzica e sta attirando a Santa Cristina Valgardena anche tecnici provenienti dall’estero“. Ieri, ad esempio, c’era Nicos Andronikou recente commissario tecnico dell’Under 21 di Cipro.

Le Dolomiti sono ormai meta di pellegrinaggio degli apprendisti motivatori. È una religione, il Torino. Coi suoi feticci: la statuina di Zaza che piange lacrime di sudore, il santino da cruscotto di Ola Aina (“Corri!”), i tifosi portano i parenti malati a bagnarsi nel Rio Gardena, lì dove riposano i quadricipiti di Verdi.

L’accanimento con cui il giornale di Cairo – ormai lo sapete – racconta la trasformazione in arma di distruzione di massa della squadra di Cairo è magnetico. Juric non è un semplice allenatore: è un romanzo di formazione.

“C’è un pezzetto del credo di Juric in ogni minuto di allenamento. Non c’è esercitazione che non disegni una traiettoria, che non sembri il capitolo di un racconto unico: la costruzione di una nuova identità collettiva. Persino il riscaldamento è un momento allenante“.

“Il calcio di Juric è un vortice fatto di corsa e ancora corsa. Prima però richiede sacrificio: in Val Gardena i calciatori corrono come se non ci fosse domani. Solo ieri mattina Juric ha dato un attimo di respiro ai muscoli dei suoi uomini”.

“E’ facile incrociare calciatori pronti a raccontare di non aver mai corso così tanto in carriera”. Comincia ad emergere, insomma, il pentitismo.

Juric “vuole un Toro che colpisca dritto al cuore, che abbia la sfrontatezza di accettare il duello fisico. In ogni esercizio l’uno contro uno non manca mai, si allena pure questo. Verticale e feroce. Per definizione aggressivo, come da dna del calcio di Juric”. “Il pressing inteso come arma letale: si contano i secondi prima che il pallone venga riconquistato”.

Non è il Torino. E’ Sparta.

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