Al Fatto: «Mi emarginavano per il colore della pelle. Una discriminazione che continua ancora oggi. Il 90% di chi oggi si professa amico di Pino Daniele, lo detestava»
Il Fatto Quotidiano intervista James Senese. E’ in tour con il disco “James is back”. Qualche giorno fa è stato il 40esimo anniversario di Vai Mo’, l’ultimo album inciso con Pino Daniele.
«È stata una fortuna far parte di quella superband. Era una vera famiglia. Quei capolavori nascevano con grande naturalezza. Quando Pino ce li faceva sentire per la prima volta, praticamente erano già fatti. Andavano solo suonati. Ora non ci sono più né lui, né Joe Amoruso e Rino Zurzolo. Ma è la vita. Chi se ne va prima, chi dopo».
Gli viene chiesto perché finì la sua collaborazione con Pino. Risponde:
«Il manager si mise in mezzo. Comunque, ognuno di noi doveva badare alla carriera. Io con Napoli Centrale, Tullio De Piscopo leader del proprio gruppo. Ci si riunì con Pino molto tempo dopo su Ricomincio da 30, ma ci vedevamo. Mi diceva: ‘James, tu si’ nu’ patre!’”».
Descrive Pino come pieno di nemici.
«Mi parlava con amarezza dei troppi nemici che aveva attorno, di cui non si spiegava l’atteggiamento. Oggi tutti vantano una grande amicizia con Pino Daniele. Il 90 per cento di questi lo detestava».
Che qualità dovrebbe avere il prossimo sindaco di Napoli?
«L’onestà. Ma nessuno di quelli che vivono per le poltrone ce l’ha. Questa città andrebbe reinventata, e servirebbero miliardi. Ma come sentono il profumo delle ‘ppaparelle’, se le mettono in tasca».
Senese è cresciuto a Napoli con i nonni, che, dice, lo hanno sempre protetto.
«A Napoli mi hanno tirato su nonno Guglielmo e nonna Pasqualina, proteggendomi sin da quando ero in fasce dalle cattiverie di chi mi emarginava per il colore della pelle. Una discriminazione che continua ancora oggi. Chi non mi conosce mi insulta. E io, a 76 anni, sono tuttora alla ricerca della mia identità. Non so se sono napoletano o americano. O tutte e due le cose. La cosa mi fa soffrire».