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La variante Chiesa è il paradosso dell’Italia di Mancini

È l’unico attaccante in grado di strappare e quindi di cambiare la partita. Una caratteristica che fin qui lo ha condannato alla panchina

La variante Chiesa è il paradosso dell’Italia di Mancini
Mg Roma 20/06/2021 - Euro 2020 / Italia-Galles / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Roberto Mancini-Federico Chiesa

Mentre proprio in Inghilterra impazza e preoccupa il dibattito pubblico sulle varianti (indiana, inglese, delta, alfa, omega e chi ne ha più ne metta), a Wembley ce n’è una che fortemente impatta il percorso fino a ieri immacolato e brillante dell’Italia di Mancini ad Euro2020: è la variante Chiesa.

Variante, sì.

Perché se proprio da queste pagine abbiamo scritto di quanto Mancini per tutta una serie di ragioni (a partire dalle caratteristiche dei calciatori a disposizione) abbia scelto giustamente di proporre un calcio associativo, armonico e posizionale è pur vero che di quel tipo di calcio conosciamo bene pure le croci.

Nel bugiardino del tic e toc – come lo definì Capello – ci sono tutta una serie di effetti collaterali. Il rischio più grave, quello che a volte può comportare stati d’ansia patologici (o almeno una punta di noia), è quello di trovarsi, specie contro squadre ben organizzate, chiuse e forti fisicamente (e quindi anche in grado di pressare per novanta minuti, come l’Austria) a passarsi la palla l’un l’altro sulla trequarti avversaria senza riuscire a sbloccare la partita né a costruire vere e proprie palle gol, se non con tiri da fuori o calci piazzati.

E anzi rischiando pure di subirlo, il gol, sulle rare ma insidiose sortite degli avversari.

È quello che è successo ieri finché il Ct non ha messo dentro Pessina e, soprattutto, Chiesa. Due giovanotti terribili che se pure non stimolano il gusto estetico del Mancio hanno un pregio che nei ventisei dell’Italia probabilmente ha, oltre a loro, il solo Spinazzola, che non a caso è l’indiscusso MVP dell’Italia di questa prima tranche dell’Europeo.

E cioè la capacità di strappare.

Strappa pure Barella, certo. Anche se ieri era un po’ sottotono, forse il peggiore dei suoi almeno nella ripresa.

E sì. Soprattutto in certi momenti le qualità tecniche dei Verratti, dei Jorginho e degli Insigne hanno bisogno dei Chiesa, laddove questo vuol dire variazione su uno spartito che rischia di diventare lento e ripetitivo. Ne giovano pure loro, che possono mettere la loro fantasia – e i loro passaggi – al servizio di un ritmo diverso e di inserimenti più propositivi (e lo stesso Locatelli, in tema di inserimenti, per come sta giocando, merita una menzione). Significa passare, per restare in tema musicale, dall’andante all’allegretto, per tentare di squarciare il velo che un po’ creano gli avversari e un po’ ti crei da solo.

Se vuoi squarciare il velo, insomma, qualche variante deve esserci.

E dunque Chiesa, che è tra le poche varianti di questa Nazionale, deve trovare più spazio.

Deve trovare più spazio perché a voler cercare una qualche ragione nel preferirgli Berardi, si finirebbe col riuscire a pensare soltanto che l’impatto del calabrese a partita in corso non sarebbe neanche lontanamente paragonabile a quello dell’ex viola che, con la sua capacità di saltare l’uomo e creare la superiorità numerica, col suo innato istinto agonistico e con la sua esplosività nella corsa, è di certo più efficace della compassata ala del Sassuolo nel colpire gli avversari quando sono più stanchi e nel rivoltare come un calzino partite chiuse e bloccate. Una scelta comprensibile ma anche paradossale, visto che ci costringe a rinunciare all’unico che attaccante abbiamo con determinate caratteristiche. 

Non dobbiamo qui difendere il lavoro di Mancini che sta raccogliendo successi sul campo e anche di critica sia in Italia sia  all’estero. E lui l’artefice di questa Nazionale che sta battendo record su record e ha raggiunto i quarti di finale agli Europei dopo la dolorosa mancata qualificazione ai Mondiali. L’Italia sta stupendo. Lo dicono i numeri. Lo dice l’unità di un gruppo che nell’abbraccio di Vialli e Mancini si riserva il diritto di crederci. 

L’unico dubbio riguarda proprio Chiesa fin qui sacrificato perché l’unico in grado di essere efficace a partita in corso. La sfida con l’Austria ha inviato un messaggio fin troppo chiaro. Mancini, che ha dimostrato lucidità ed equilibrio, ne terrà certamente conto. 

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